Sotto invece il vero ritratto, dell'epoca, di Stefano Pelloni disegnato a penna dal prof. Stefano Gordini di Russi e conservato al Museo del Risorgimento di Faenza.
Una bella differenza! non vi pare?
Un bandito messo fuorilegge per le sue scorribande criminali che viene ritratto come un classico damerino di fine ottocento, sbarbato e ben vestito con capello a tesa sulle ventitré, sciarpa, fazzoletto al collo, corpetto e giaccone di lana grezza, pantaloni a gamba stretta e scarpe a punta di vernice che imbraccia una doppietta.
Le sue azioni criminali e quelle della sua banda, sbandierate ai quattro venti dagli sgherri che lo rincorrono per tutta la Romagna, lo rendono popolare fra la gente più umile, più povera e sottomessa al regime papale e, dopo i fatti di Forlimpopoli (1850) la sua fama si diffonde ben oltre i confini locali grazie alla pubblicazione di una zirudella che diventa traccia e motivo per i tanti cantastorie che ne diffonderanno le gesta nelle fiere e nelle piazze del Paese.
Dopo solo un decennio dalla sua uccisione (1851) l'editore Salani di Firenze pubblica per la prima volta un racconto storico che avrà ampia fortuna e tante riedizioni.
Pascoli consegna alla memoria popolare le gesta di Stefano Pelloni, re della strada e della foresta, attribuendogli addirittura l'appellativo di "Passator cortese".
Purtroppo però l'immagine folkloritstica prevalente ha assunto caratteri fisionomici tipici di un brigante meridionale così come ce lo rappresentarono fra la fine dell'800 e i primi del '900 la letteratura popolare di genere.
Non è forse giunto il momento di rendere giustizia, almeno iconografica, al nostro mito per eccellenza?
Le sue azioni criminali e quelle della sua banda, sbandierate ai quattro venti dagli sgherri che lo rincorrono per tutta la Romagna, lo rendono popolare fra la gente più umile, più povera e sottomessa al regime papale e, dopo i fatti di Forlimpopoli (1850) la sua fama si diffonde ben oltre i confini locali grazie alla pubblicazione di una zirudella che diventa traccia e motivo per i tanti cantastorie che ne diffonderanno le gesta nelle fiere e nelle piazze del Paese.
Dopo solo un decennio dalla sua uccisione (1851) l'editore Salani di Firenze pubblica per la prima volta un racconto storico che avrà ampia fortuna e tante riedizioni.
Pascoli consegna alla memoria popolare le gesta di Stefano Pelloni, re della strada e della foresta, attribuendogli addirittura l'appellativo di "Passator cortese".
Purtroppo però l'immagine folkloritstica prevalente ha assunto caratteri fisionomici tipici di un brigante meridionale così come ce lo rappresentarono fra la fine dell'800 e i primi del '900 la letteratura popolare di genere.
Non è forse giunto il momento di rendere giustizia, almeno iconografica, al nostro mito per eccellenza?
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