sabato 27 ottobre 2007

Consulenti, la carica dei mille


Consulenti, la carica dei mille
Accadono cose strane, ai nostri tempi.
Accade che un giornalista di Repubblica pubblica sul portale online un certo reportage scomodo, e poco tempo dopo esso scompare inspiegabilmente dai server.

Sfortunatamente, la Google cache sembrerebbe non aver fatto in tempo a salvarlo, nonostante riporti il link al sito di repubblica.
Ma come potete vedere voi stessi, cliccandovi appare un enigmatico FILE NOT FOUND; l'articolo non è più presente sui loro server.

Fortunatamente qualcuno è riuscito a farne una copia integrale, che riportiamo anche qui: diffondetela ovunque! Non sia mai che voglia finire nel dimenticatoio...


"C'è un po' di tutto nell'elenco dei 1253 esperti e consulenti a libro paga del governo Prodi. Giuristi e ginnasti, generali e creativi, cinefili e professoresse, ambasciatori e webmaster, giornalisti e rettori, figli della Patria e figli di papà. Sono 1253: una media di 48 esperti a dicastero, anche se questa - come tutte le statistiche - appiattisce una realtà dove ci sono ministri come Di Pietro e Mastella che dichiarano zero consulenti, e altri, come Rutelli, che con il loro elenco superano - da soli - un terzo del totale: 436.

Una Napolitano, Simona, nipote del presidente della Repubblica, è consulente del ministero dell'Ambiente (per 2800 euro al mese), incaricata di fornire "assistenza e consulenza riguardo le problematiche del settore giuridico e nel settore del diritto informatico, amministrativo e degli appalti pubblici". Un Mastella, Pellegrino, figlio del Guardasigilli, è consulente del ministero per le Attività produttive con l'incarico di assicurare (per 2700 euro al mese) "attività di collaborazione finalizzata all'approfondimento delle specificità dei modelli anglosassoni". E un Gambescia, figlio del deputato diessino Paolo, è consulente del ministro per l'Innovazione (1500 euro mensili) "per l'elaborazione e la verifica delle linee programmatiche relative al rapporto tra la pubblica amministrazione e il sistema delle imprese". Non c'è invece - non ancora, perché il decreto non è stato ancora registrato dalla Corte dei conti - il nome di Angelo Rovati, che dopo essersi dimesso da consigliere di Prodi è stato riassunto una settimana fa come "esperto per il Kazakistan" (specializzazione tanto circoscritta quanto sorprendente). Nessuno di questi 1253 consulenti diventerà ricco, con gli assegni staccati dal governo. Ma il primo a essere convinto che queste spese siano eccessive è proprio il presidente del Consiglio, che ha appena firmato un decreto con il quale taglia di un terzo - a partire dal 2008 - la cifra destinata ai consulenti dell'esecutivo. Certo, anche lui dovrà usare le forbici, visto che al momento la Presidenza del Consiglio conta 120 contratti di consulenza. E di questi, solo sette - oltre a Renato Ruggiero - hanno accettato di collaborare in cambio di uno spartano rimborso spese. Tutti gli altri vanno pagati, dai 6000 euro dei componenti del Comitato per la Biosicurezza ai 40 mila di Massimo La Salvia, inquadrato nel Dipartimento Risorse Umane. I ministri Mastella e Di Pietro, che dichiarano di non avere consulenti al loro servizio, non dovranno tagliare nulla. Né si potrà chiedere un sacrificio al Viminale, dove Giuliano Amato ha firmato un unico contratto di consulenza (con il professor Francesco Raiano: 30 mila euro annui), e tantomeno alla Difesa, dove Arturo Parisi ha ingaggiato un solo esperto (il dottor Andrea Grazioso, esperto di problematiche strategiche internazionali: 36 mila euro) più due per i suoi sottosegretari. Avranno poco da risparmiare anche il ministro del Lavoro, Damiano, e quello della Pubblica Istruzione, Fioroni, che hanno due consulenti a testa. Ma agli altri, qualche rinuncia potrà essere chiesta. Prendiamo il ministero dell'Ambiente, che nel bilancio dello Stato pesa per la metà di quello delle Politiche agricole. Eppure, mentre Paolo De Castro s'è accontentato di otto consulenti, Alfonso Pecoraro Scanio ne ha 344. Invece di averne la metà, ne ha quarantatré volte di più. C'è un motivo, anzi ce ne sono tre. Il primo è, diciamo così, storico: quando nacque, il ministero (che allora si chiamava "dell'Ecologia") non poté fare nuove assunzioni, così fece un massiccio ricorso ai contratti a termine, cioè alle consulenze: è andata avanti così, dal 1987 a oggi, con il risultato che al ministero oggi il numero dei precari (1319) supera quello degli assunti (1255). Poi c'è una ragione politica. I ministri dell'Ambiente hanno preso l'abitudine, prima di lasciare la poltrona, di rinnovare i contratti ai loro consulenti per altri quattro o cinque anni, così ogni ministro si ritrova in eredità i consulenti del suo precedessore: come quel Paolo Pontoni a cui il ministro Altero Matteoli, la vigilia di Natale del 2005 ha rinnovato un contratto di consulenza per cinque anni. Non si sa se Pecoraro sarà ancora ministro, nel 2010, ma di sicuro Pontoni sarà ancora consulente: a 78 mila euro l'anno. Poi, certo, Pecoraro ci ha messo del suo. Ingaggiando a 100 mila euro l'anno cinque consulenti per il suo gabinetto (tra cui il verde Sauro Turroni, trombato nel 2006). Più otto per i suoi sottosegretari. Più sette per la Direzione Generale "Qualità della vita". Più 54 per il servizio "Protezione della natura". Più 107 per la "Ricerca ambientale". Più 138 per la "Difesa del suolo". Più 14 per la "Salvaguardia ambientale". Più cinque dirigenti di fascia alta (in media 95 mila euro a testa). Più sei consulenti - tra cui Rubbia - che, bontà loro, non vogliono un centesimo. Totale, 344. Ai quali bisogna aggiungere un'altra infornata di consulenti i cui decreti, firmati ad agosto, non sono ancora stati registrati. Chi sono, i consulenti del ministro dell'Ambiente? Gli ecologisti, ovviamente. E dove si trovano la maggior parte degli ecologisti? Nei Verdi, partito che Pecoraro Scanio conosce benissimo, essendone il leader. Ecco perché sono proprio dei Verdi, giusto per fare un esempio, 14 dei 20 componenti della segreteria tecnica per la Protezione della natura. Due su tre. Una scelta, come dire?, naturale. Dovrà sicuramente tagliare nomi e compensi il ministero dei Beni Culturali, che oggi con i suoi 436 incarichi guida la classifica delle consulenze (però bisogna tener conto che vengono messi a carico di Rutelli i contratti stipulati dalle Sovrintendenze di tutta Italia per mostre, convegni ed esposizioni varie). La cifra più alta, 133.250 euro, è andata l'anno scorso alla società Arché, per la "catalogazione dei manoscritti della biblioteca nazionale universitaria di Torino danneggiati dall'incendio del 1904". Ovvero 103 anni fa: non è mai troppo tardi. Giusto per dare il buon esempio, un po' di economia potrebbe farla anche il ministro dell'Economia, Tommaso Padoa-Schioppa. Che oggi spende un milione 719 mila euro per i suoi 85 consulenti, una media di 20 mila euro a testa. E allo Sviluppo Economico, Pierluigi Bersani forse dovrà dare un'accorciatina alla sua lenzuolata di 69 consulenti (cominciando, magari, dal figlio di Mastella). Poi, certo, anche i ministri "senza portafoglio" (cioè senza fondi propri nel bilancio dello Stato) potrebbero rinunciare a qualche esperto. Emma Bonino, per dire, alle Politiche comunitarie ne ha per nove volte e mezza di quelli su cui può contare Massimo D'Alema. E se il ministro degli Esteri ha scelto come uno dei suoi quattro consulenti giusto il responsabile nazionale diessino degli Italiani all'estero, Norberto Lombardi (25 mila euro annui), la Bonino ha inserito un buon numero di radicali tra i suoi 38 esperti, a cominciare dall'avvocato del partito, Giuseppe Rossodivita, incaricato di studiare "problemi e prospettive intorno all'ipotesi di costituzione di una Procura europea". Problemi, prospettive, ipotesi: per 4000 euro al mese, si può fare. Del resto, così fan tutti. Neanche l'unico ministro di Rifondazione, Paolo Ferrero, ha saputo resistere alla tentazione di nominare due dei suoi tre esperti (Maria Teresa Rosito e Andrea Del Monaco, 45 mila euro l'anno) tra i compagni di partito. Il suo collega dei Trasporti, Alessandro Bianchi (Pdci), ha invece pescato tra i colleghi dell'università: tra i suoi 18 consulenti, ci sono sei professori e un rettore (ma il primo della lista è il responsabile nazionale Trasporti del Pdci, Eduardo Bruno). Forse, con un po' di buona volontà, si potrebbe eliminare qualche incarico dall'oggetto nebuloso. Il ministero per l'Attuazione del programma, per esempio, paga 2000 euro al mese a Sortito Casali per "l'analisi degli obiettivi del programma di governo, in relazione alla possibilità di una loro misurazione tramite indicatori di carattere quantitativo", e altri 1100 euro mensili a Simona Genovese, affinché fornisca una "analisi del programma di governo sia nei suoi aspetti giuridici sia in quelli di carattere operativo". Non si era mai visto, un governo che paga degli esperti per analizzare il suo stesso programma. Ma, come si dice, c'è sempre una prima volta. "

Sebastiano Messina
Tuesday 09th of October 2007 21:28:25
Inserito da maiosyet

INTOLLERANZA ZERO ... DI STATO

ricevo dall'amico FRANCESCO PIOBBICHI

Aldo Bianzino viveva vicino a dove sono nato, Aldo è morto in circostanze sospette dopo essere finito in carcere perchè accusato di coltivare marijuana. Sembra che queste notizie comincino a diventare normalità in un paese che fra giri di vite e pacchetti sicurezza sta lentamente scivolando verso una forma di autoritarismo di cui non si conosce la fine. Sembra quasi che stia (ri)nascendo una zona d’ombra nella nostra democrazia, generata dall’intreccio tra retoriche securitarie e piano simbolico, tra guerra al povero e disprezzo per la diversità. Né Repubblica né il Corriere hanno scritto una riga sulla vicenda, impegnati come sono a mobilitare il ventre molle del nostro paese contro il capro espiatorio di turno. Per loro la morte di un cittadino pacifista che finisce in galera per coltivazione di marijuana e che in una cella d’isolamento trova la morte (sembrerebbe per le botte prese) non fa notizia. Si dirà che i giudici hanno da subito aperto un’indagine, si dirà che in un paese di diritto queste cose vanno subito chiarite e che verrà fatta giustizia, si dirà questo e tanto altro. Quello che non si dice però è che la vicenda di Aldo Bianzino sembra simile a quella di altri, come quella di Giuseppe Ales, di Federico Aldrovandi, di Alberto Mercuriali caduti uno dietro l’altro dentro il buco nero della nostra democrazia, un fossato scavato nel tempo, con gli arnesi della stigmatizzazione mediatica e dell’etichettamento, con il lavoro costante degli imprenditori politici della paura rafforzato con il mantra della zero tolleranza. Un pozzo senza luce dove in fondo si trova la repressione senza mediazioni, fisica o psicologica che sia poco importa. Che sia il titolo di un giornale ad uccidere un ragazzo o una manganellata, quello che emerge è il carico di violenza spaventoso che pervade queste storie. Storie d'innocenti che avevano la sola colpa di avere uno stile di vita alternativo, di essere sospettati di utilizzare sostanze o di fumarsi una canna in un parco, di girare senza documenti o di coltivare marijuana per uso personale in un paese che invece dei trafficanti persegue i consumatori. Come non accorgersi che queste vicende, che non a caso accadono nella provincia “comunitaria” sono molto simili a quelle dove la violenza viene agita direttamente dalla società dei “normali”. In fin dei conti un filo rosso lega le coltellate a Renato Biagetti, considerato da un fascista una zecca da colpire solo perché ascoltava musica reggae fino a tardi, alle prese in giro che portano minori a togliersi la vita, gettandosi dal terzo piano perché considerati gay. Sembra che ci sia nel nostro paese una sorta di “spontaneismo intollerante” che agisce violentemente, psicologicamente e fisicamente contro la diversità generalmente intesa. Un fenomeno che trova sponda, accoglienza e legittimazione nell’idea di una società tradizionale messa sotto assedio dalla modernità che va difesa a tutti i costi, una dinamica che viene alimentata quotidianamente nel discorso pubblico utilizzando la logica del capro espiatorio che condensa in sé tutta l'ansia sociale. Altro che la sicurezza non è di destra né di sinistra, se uno come Amato non ha mai fatto caso che se sul piano dei linguaggi e dei segni legittimando la tolleranza zero si finisce al tempo stesso per legittimare l’intolleranza vuol dire che sul piano della cultura politica c’è uno smottamento senza precedenti. Una deriva questa che produce i suoi effetti travolgendo sia il rispetto dei diritti e delle garanzie costituzionali, ma anche e soprattutto l’idea stessa di società moderna. Io penso che questi segnali ci dicano che è arrivato il punto limite, e che c'è la necessità di dare una risposta immediata sia sul livello normativo che su quello dell'egemonia culturale. Sembra insomma che la nostra societa non sia più in grado di metabolizzare i fenomeni che l'attraversano, e che stia delegando all'apparato repressivo la risoluzione di tutte le sue contraddizioni; perchè questo avvenga è sicuramente il frutto di dinamiche complesse e multifattoriali, sulle quali occorre riflettere seriamente. Quello che è certo però è che questa deriva va contrastata a fondo, senza cedimenti, per questo rivolgo un'appello per organizzare al più presto, in una modalità tale da permettere la massima convergenza di tutte le forze che ritengono utile impegnarsi in questo senso, un grande appuntamento nazionale contro l'intolleranza, perché un paese intollerante è tutto tranne che un paese sicuro.

venerdì 26 ottobre 2007

RESISTERE RESISTERE RESISTERE

Nessuna istituzione, nessun principio, nessuna regola sfugge ai condizionamenti storici e dunque all'obsolescenza, nessun cambiamento deve suscitare scandalo, purché sia assistito dalla razionalità e purché il diritto, inteso come categorie del pensiero e dell'azione, non subisca sopraffazione dagli interessi. Ai guasti di un pericoloso sgretolamento della volontà generale, al naufragio della coscienza civica nella perdita del senso del diritto, ultimo, estremo baluardo della questione morale, è dovere della collettività 'resistere, resistere, resistere' come su una irrinunciabile linea del Piave. (relazione integrale del procuratore generale di Milano Francesco Saverio Borrelli, 12 gennaio 2002)

Istituto per la storia della Resistenza e dell'età contemporanea della provincia di Forlì-Cesena


La nostra storia si chiama Resistenza
«Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione».
(Discorso agli studenti milanesi (1955) di Piero Calamandrei, 1889 – 1956, giurista, uomo politico e scrittore italiano)

Andare dove è nata la Costituzione - L'Appennino Tosco – Romagnolo e la Resistenza

STRAGI 1944

L'ANPI in difesa della Costituzione

Fascismo, Resistenza e Costituzione

achtung banditen !!!

Nacque a Faenza il 10 gennaio 1923 di Domenico a Anna Ciani. Deceduto a Castrocaro il 18 agosto 1944 impiccato.

“Iris Versari e la Resistenza delle donne”Gian Raniero Paulucci de Calboli Ginnasi

Gian Raniero Paulucci de Calboli Ginnasi


Lettera alla moglie, scritta in data 14-08-1944, Castrocaro

Dino Ravaglioli

Lettera all'arciprete di Terra del Sole, scritta in data 5-04-1944, carcere di Forlì


lunedì 22 ottobre 2007


Appello per la Giustizia


CATANZARO: CASO DE MAGISTRIS, DA 'DIRITTI CIVILÌ ESPOSTO A CORTE UE STRASBURGO = Lamezia Terme, 22 ott. - (Adnkronos) -

leader del Movimento Diritti Civili, Franco Corbelli, ha denunciato lo Stato italiano e chiesto, con un esposto, l'intervento urgente della Corte Europea per i Diritti dell'Uomo di Strasburgo per il «caso De Magistris», dopo l'avocazione da parte della Procura Generale di Catanzaro dell'inchiesta «Why Not», che fa seguito alla richiesta di trasferimento dello stesso magistrato avanzata dal Ministro della Giustizia, Mastella, e ancora prima alla sottrazione di una altra inchiesta, denominata «Poseidone», al medesimo sostituto procuratore.

Corbelli nell'esposto ha descritto l'intera vicenda, parlando di «palesi e gravi violazioni dei diritti fondamentali posti in essere dallo Stato italiano nei confronti di una magistrato, impedito di fatto nello svolgimento delle sue funzioni mentre indaga su personaggi eccellenti e esponenti autorevoli delle Istituzioni come il Presidente del Consiglio, il Ministro Guardasigilli e segretari nazionali di Partito».

«Ferma restando la nostra posizione antigiustizialista e garantista nei confronti di tutti gli indagati, per i quali deve valere il principio di presunzione di innocenza, non si può sottacere - prosegue - che siamo di fronte ad una serie di fatti gravissimi, che non hanno precedenti nella storia della Repubblica Italiana e in nessun Paese democratico, un colpo letale per la democrazia, per lo Stato di diritto, per la stessa credibilità delle Istituzioni».

Ci sono per questo, nella vicenda De Magistris, prosegue Corbelli, «tutti i presupposti giuridici per giustificare l'intervento di un Organismo Europeo Terzo, come appunto la Corte Europea per i Diritti dell'Uomo di Strasburgo. Emergono precise, gravi responsabilità di Poteri e Istituzioni dello Stato italiano che la Corte Europea ha la competenza e la legittimità di giudicare e condannare, per ripristinare condizioni di legalità e rispetto dei diritti costituzionali in Italia. Al di là del pronunciamento del Csm, a cui bisogna guardare con fiducia e rispetto, e all'auspicata presa di posizione del Presidente della Repubblica, Napolitano, l'intervento della Corte Europea è un atto, oltre che legittimo e doveroso, fondamentale per obbligare lo Stato italiano al rispetto della indipendenza e autonomia della magistratura, dei diritti e delle regole democratiche palesemente e oggettivamente violati nel caso De Magistris».
(Prs/Zn/Adnkronos) 22-OTT-07 21:32 NNN

domenica 21 ottobre 2007

le radici del PD

Walter sfonda se accelera e sceglie di fare un mestiere solo
di ILVO DIAMANTI
(da www.repubblica.it 21 ottobre 2007)

... Potremmo concludere, allora, che la nascita del Pd non ha cambiato nulla o quasi. Che una prossima - secondo alcuni imminente - consultazione elettorale riporterebbe al governo Berlusconi e il centrodestra. Ma, per quanto probabile, non è certo.

.... il futuro prossimo della politica italiana, lo stesso andamento di una prossima competizione elettorale dipendono dalle novità del sistema politico. In particolare, quindi, dalla capacità del Pd di rispondere alle domande degli elettori di centrosinistra, che oggi appaiono particolarmente depressi.

... il profilo anagrafico della partecipazione, piuttosto matura e anziana rispetto alla media, rivela la difficoltà di coinvolgere i settori sociali e territoriali più innovativi.

... Per questi motivi, il Pd oggi è guardato con interesse ma anche con diffidenza. Con attenzione e cautela. Dipende da ciò che sarà. Da ciò che farà.

domenica 14 ottobre 2007

senza memoria non c'è fututo

Nascere libero dal passato
La grande occasione del Pd

di Ilvo Diamanti - repubblica.it


Comune ai candidati, "vecchi" e "nuovi" è l'incertezza dei riferimenti. Per cui il Pd appare un partito senza padri né maestri. Senza santi e senza dei. I cui numi ispiratori sono, per Veltroni, il pannello solare e il computer. Per Adinolfi, gli inventori di Google. Per Schettini (che ha abbandonato la competizione nelle ultime settimane) il mitico capitano Kirk dell'Enterprise. Per Bindi e Letta: nessuno. Un partito che, peraltro, ha estromesso dai suoi riferimenti la tradizione socialista. Un partito tanto "nuovo" da aver rimosso il passato e oscurato l'orizzonte.



Ad ovest di Berlusconi. Il PD e la sinistra

La formazione del Partito democratico è il punto terminale di un intero ciclo della cosiddetta seconda Repubblica, segnato dalla perdita di rappresentatività e di autorevolezza dei partiti e dallo svilimento della politica, che ha sospinto l'Italia verso una crisi democratica e sulla soglia della sua stessa tenuta come nazione. Ma le modalità di costruzione del nuovo soggetto politico, tutte centrate sulla preminenza del leader rispetto alla forma del partito (che resta ignota) e sul carisma di chi impugna lo scettro del comando rispetto al fascino del progetto e alla coerenza del programma (che in un secondo tempo forse saranno definiti), non fanno altro che accentuare il personalismo e il leaderismo come tratti dominanti dell'agire politico, dando luogo all'insediamento di un partito personale posto al servizio del capo, non viceversa. Lo strumento detto delle primarie, a differenza di quanto avviene negli Usa, non serve in questo caso per scegliere il candidato da proporre per la guida del governo, ma per insediare direttamente il segretario di un partito, che perciò del partito sarà il dominus incontrastato. Una forma di cesarismo plebiscitario, che contiene in sé i germi del declino della politica che si vorrebbe contrastare.

lunedì 8 ottobre 2007

TUTTI I DIRITTTI DI TUTTI

le mie foto della marcia per la pace Perugia Assisi 2007
Tutti i DIRITTI di tutti ... un'affermazione che deve diventare imperativo di vita per ognuno di noi ... nessuno escluso ... per questo motivo abbiamo condiviso il percorso dei 26 chilometri da Perugia ad Assisi con migliaia di persone, senza gerarchie, e senza divisioni sociali, culturali e politiche ...

In 200.000 da Perugia ad Assisi per la pace e i diritti: "Con tutte le Birmanie del mondo"


sabato 6 ottobre 2007

top secret ?


Linee guida per l'organizzazione, l'usabilità e l'accessibilità dei siti Web delle pubbliche amministrazioni ....
Ogni sforzo deve essere fatto perché i siti Web dell'amministrazione pubblica siano accessibili.
... provare per credere !!!

Testo Unico degli Enti Locali
(Decreto legislativo 8 agosto 2000, n. 267)
Articolo 6 Statuti comunali e provinciali.
... Lo statuto stabilisce, altresì, i criteri generali in materia di organizzazione dell'ente, le forme di collaborazione fra comuni e province, della partecipazione popolare, del decentramento, dell'accesso dei cittadini alle informazioni e ai procedimenti amministrativi
... idem come sopra !!!

Articolo 8 partecipazione popolare
....
3. Nello statuto devono essere previste forme di consultazione della popolazione nonché procedure per l'ammissione di istanze, petizioni e proposte di cittadini singoli o associati dirette a promuovere interventi per la migliore tutela di interessi collettivi e devono essere, altresì, determinate le garanzie per il loro tempestivo esame. Possono essere, altresì, previsti referendum anche su richiesta di un adeguato numero di cittadini.
...
ma quando mai ???

5. Lo statuto, ispirandosi ai princìpi di cui alla legge 8 marzo 1994, n. 203 e al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, promuove forme di partecipazione alla vita pubblica locale dei cittadini dell'Unione europea e degli stranieri regolarmente soggiornanti.
... come no !?


Articolo 10
Diritto di accesso e di informazione. ... 3. Al fine di rendere effettiva la partecipazione dei cittadini all'attività dell'amministrazione, gli enti locali assicurano l'accesso alle strutture ed ai servizi agli enti, alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni.
... basta chiedere !!!





guardoni



chi ha paura dell'uomo nero ??? Nessuno !?


la metà degli italiani dai 14 anni in su, si sente condizionata dal timore della criminalità: il 27,6 per cento della popolazione ha timore ad uscire la sera e il 25,5 per cento evita di uscire di casa da solo per paura, mentre un 12% si sente insicuro anche in casa propria quando è buio. E ancora, dice l'Istat, il furto in casa è quello più temuto dagli italiani, come ha dichiarato il 60,7 per cento del campione di persone intervistato; segue il furto dell'automobile (46,2 per cento), gli scippi e i borseggi (44,2 per cento), le rapine e le aggressioni (43 per cento) e la violenza sessuale (36,3 per cento). La classifica, naturalmente, varia a seconda del sesso: le donne mettono al secondo posto il timore della violenza sessuale (63,2 per cento), seguito da aggressioni e rapine (60 per cento). A questo proposito, c�è da annotare che le donne non si sentono sicure a camminare al buio da sole (36,1 per cento contro il 18,5 per cento degli uomini), hanno timore anche a stare a casa da sole e spesso rinunciano ad uscire per paura. Il 63,2 per cento delle giovanissime è molto preoccupato dalla violenza sessuale; la percentuale cala con l'aumentare dell'età ma rimane comunque elevata. Discorso a parte meritano le ragazze del Sud, che «evitano luoghi e persone quando escono la sera, non si sentono sicure ad uscire al buio, chiedono maggiore presenza delle forze dell' ordine sul territorio».
Tornando al timore di vedersi entrare i ladri in casa, dal '97 a oggi sono aumentate verticalmente le tecniche di difesa delle mura domestiche: il 22,3 per cento degli italiani lascia le luci accese in casa quando esce (era il 20,6 per cento nel '97); il 40,8 per cento ha la porta blindata (dal 36,6 per cento del '97); il 21,4 per cento ha le inferriate a porte e finestre (dal 20 per cento); il 16 per cento ha l'allarme (dal 13,4 per cento) e il 13,5 per cento utilizza la cassaforte (dal 10,6 per cento).
Diminuisce il ricorso ai vicini di casa (da 43,2 per cento al 40 per cento), ai cani da guardia (da 14,3 cento nel '97 a 11,8 per cento nel 2002) e al portiere (dall'8,9 per cento al 7,1 per cento). Ma non solo: l'autodifesa varia anche a seconda del tipo di comune nel quale si vive. In quelli con meno di 2.000 abitanti ci si sente più sicuri e così solo il 18,2 per cento monta la porta blindata, contro il 61,5 per cento di chi vive nei grandi centri metropolitani. Stesso discorso per le inferriate a porte e finestre (21,1 per cento contro il 25,5 per cento) e dei custodi (1,3 per cento contro 24,3 per cento).
L'indagine Istat ha consentito anche di individuare quali sono gli orari, nell'arco della giornata, in cui si rischia di più di restare vittime di un reato: di sera e di notte si verificano soprattutto le aggressioni (51,3 per cento) e le rapine (49,6 per cento), mentre tra le 9 e le 15 avvengono soprattutto i borseggi (49,9 per cento), gli scippi (44,9 per cento) e i furti di oggetti personali (39,1 per cento). La fascia oraria tra le 9 e le 18 è invece quella più a rischio per quanto riguarda i furti in abitazione principale (42,7 per cento) e i tentati furti di moto e motorini (42,3 per cento), mentre si verificano soprattutto di notte i furti nelle abitazioni di villeggiatura


a me gli occhi ... rilassati ... concentrati ... non pensare a niente ... ci pensiamo noi




siamo solo ombre e siluette in un mare di codici numerici ?


Le persone che vivono in condizione di povertà sono complessivamente 7.577.000, pari al 13,1% della popolazione, l'annuale rilevazione dell'Istat ha riscontrato 2.585.000 famiglie in condizione di indigenza.

Di contro, il 30% degli italiani con più di sei anni sa come usare un personal computer; il 19% degli ultraundicenni si collega in rete. Internet è familiare ormai per nove milioni di italiani, secondo i dati diffusi dall’Istat nel suo rapporto annuale 2000. Anche se la diffusione di pc e internet è cresciuta molto velocemente in questi anni e l'utilizzo delle nuove tecnologie è assiduo resta alto il “divario digitale”: solo l'11% delle famiglie disagiate possiede un computer contro il 42% delle benestanti. Il 54% degli utilizzatori fa un uso quotidiano del pc e il 31% si collega a internet tutti i giorni. Con il pc si lavora (60%), si gioca (57%) e si studia (35%).

Internet, invece, è utilizzato soprattutto per svago (69%), per lavoro (52%) e, in misura molto minore (16%), per studio. Chi si connette per dialogare in rete tramite chat, forum e newsgroup rappresenta il 20% dei navigatori, mentre fa acquisti su internet il 9% degli utenti. Quasi 8 milioni di persone usano la rete e cd-rom per cercare cultura, con percentuali vicine al 40% fra i più giovani tra 14 e 19 anni.


lunedì 1 ottobre 2007

PROPOSTE SUPPOSTE o SUPPOSTE PROPOSTE ???


GOVERNO: FASSINO, BASTA DIVISIONI PARTIAMO DA DOMANDE SOCIETÀ = Roma, 28 set. - (Adnkronos) - «Il fatto che ci sia stata una discussione aperta ed esplicita non significa che non sia possibile scrivere una Finanziaria in cui tutto il centrosinistra possa riconoscersi». Lo dice Piero Fassino in una intervista a tutto campo su l'Unita. Nel merito della manovra, tra l'altro il segretario Ds chiarisce: «La richiesta di innalzamento del prelievo fiscale sui titoli di Stato è del tutto inopportuna»; «una misura di questo genere può essere discussa perchè sappiamo che l'aliquota unica sulle rendite finanziarie esiste in molti Paesi europei. Ma certo questo è il momento meno opportuno per farlo». Più in generale, Fassino sottolinea: «Questa ansia, questa preoccupazione qualche volta angosciosa di Rifondazione o dei Comunisti italiani di dover manifestare a tutti i costi la loro esistenza, il loro ruolo, il loro peso, mi sembra francamente eccessiva». Il segretario Ds aggiunge: «non dividiamoci astrattamente tra riformisti e radicali. Questa distinzione molto spesso dice poco. Partiamo, al contrario, dalle domande e dalle esigenza della società italiana. È a iniziare da lì che dobbiamo insieme costruire le risposte». Per Fassino, «ogni volta che il centrosinistra manifesta un dissidio, una divisione, un distinguo infondato e immotivato tutto questo trasferisce all'opinione pubblica un'immagine di fragilità che riduce il credito del governo e della maggioranza». Tra l'altro Fassino dice: «Un'altra maggioranza non c'è, la destra non è in grado di proporre un governo alternativo e io continuo a pensare che un esecutivo istituzionale sia molto difficile in una situazione complessa come quella italiana». (Pol/Ct/Adnkronos) 28-SET-07 09:59 NNN
FINE DISPACCIO

NON saprei se ci prendono per i fondelli o ci stanno mandando loro a fanc...o !!!