domenica 12 maggio 2024

giovedì 17 novembre 2022

IDEE E PROPOSTE PER L'EX ERIDANIA DI FORLI'

Sapendo che adesso l’ex Eridania è completamente abbandonata, come se ne immagina il futuro?
Ci ho pensato. La fabbrica, compresi i magazzini, tutta l’area insomma, la adibirei a museo-scuola, un luogo in cui istituire una scuola di storia industriale…

[Piero Casadei, forlivese, ha lavorato tutta la vita all’Eridania. “Questa Città” 24/05/2013]

Era il lontano 2013 quando il Comune di Forlì indisse un concorso partecpativo a cui partecipammo come Officina Partecipazione, poi non se ne fece più niente in quanto la cooperativa muratori di Verucchio, proprietaria dell'area fallì.

PARCO ERIDANIA
un progetto partecipato per il riuso ambientale di un’area da riqualificare
(leggi e scarica il pdf)

“Sull'eridania si è detto di tutto e di più - si sono elaborate numerose tesi di Laurea - si sono fatti convegni e seminari - interpellanze comunali - promesse elettorali - ma mai un reale processo partecipativo che coinvolga i cittadini per informarli compiutamete in modo comprensibile, che li possa far confrontare senza pregiudizi e preconcetti, che li faccia elaborare soluzioni, porposte e idee, che si attivi un tavolo di mediazione e che poi gli stessi cittadini decidano e l'amministrazione esegui - nel frattempo la proprietà immobiliare ha l'attività amministrativa sospesa per problemi aziendali per cui manca anche l'interlocutore proprietario dei beni e il problema si ingigantisce ogni giorno di più!”
(testo tratto da pagina FB Officina Partecipazione 2 novembre 2013)

Ora, a distanza di molti anni, il Comune di Forlì intende partecipare all'asta pubblica per cercare di acquisire l'area ma non si sa che idee progettuali abbia l'amministrazione in caso di acquisizione.

Sarebbe l'occasione giusta per riproporre un percorso partecitativo per costruire un futuro condiviso su un bene di così grande valore storico culturale.

“L’area ex Eridania, pur non essendo nelle priorità di intervento urbanistico da parte dell’Amministrazione comunale possiede caratteristiche di unicità culturale ed ambientale tali da dover essere considerata priorità socio-politica.
L’area ha una notevole consistenza dimensionale (140.000 metri quadrati) ed è situata a ridosso del centro storico cittadino, al confine con una zona residenziale ad alta densità abitativa (circa 400 famiglie residenti).
Possiede peculiari caratteristiche storico-industriali e un’ampia dotazione di verde, ad oggi incolto e in forte degrado ambientale. Gran parte dell’area in oggetto è destinata a verde pubblico.
In relazione alle dotazioni di verde urbano, l’area ex Eridania è una potenziale risorsa sociale ed ambientale e riveste una rilevanza strategica nelle politiche urbanistiche della città. Per questo si propone una progettazione condivisa fra cittadini, proprietà immobiliare e Amministrazione pubblica su una zona da destinare a verde pubblico all’interno dell’area denominata “ex Eridania” con funzioni aggregative, ricreative, didattiche e di sostenibilità ambientale finalizzate a migliorare sia la qualità dell’ambiente sia le condizioni di vita complessive.”
(testo tratto da pagina FB Officina Partecipazione 2 novembre 2013)

mercoledì 26 ottobre 2022

FORLÌ: CAPRIOLO TRAVOLTO E FERITO, L’AUTOMOBILISTA SCAPPA 14/10/2014

FORLÌ: CAPRIOLO TRAVOLTO E FERITO, L’AUTOMOBILISTA SCAPPA

14/10/2014 - da mysocialpet.it

Un’auto ha investito un capriolo sulla via del Partigiano a Forlì: l’animale è rimasto ferito sanguinante in mezzo alla strada.
 
Secondo quanto riporta Romagna Noi, l’altra sera attorno alle 19.30 in tanti hanno visto questa scena proprio a poca distanza dall’autovelox sul rettilineo che precede il bosco della Siba.
 
Il capriolo inoltre era diventato un ostacolo pericoloso per le auto, che non rompevano fila anche per il rientro dalla sagra di Portico.
 
Claudio Torrenzieri di Castrocaro si è fermato per segnalare il pericolo, munito anche di una torcia perché iniziava a fare buio.
Nel frattempo ha chiamato il 112.
 
“Ho notato - racconta Torrenzieri - un’auto ferma sulla destra con le frecce accese, ho rallentato e ho visto che c’era un capriolo ferito e tutt’intorno una distesa di vetri rotti oltre a vistose macchie di sangue. Ho telefonato agli ‘Amici degli animali’ per soccorrere il capriolo. Poi ho chiamato il 112, qualificandomi come Guardie Ecologiche Volontarie”.
 
Intanto solo un altro automobilista si è fermato, gli altri hanno tirato diritto.
“In due - dice Torrenzieri - siamo riusciti a spostare il capriolo sul bordo strada e adagiarlo nell’erba".
 
Non era morto, ansimava vistosamente e non si muoveva, forse aveva subito dei danni seri alle gambe e forse anche al torace.
Aveva il muso molto insanguinato. Si è fatto spostare senza opporre resistenza.
 
"Siamo così riusciti a liberare la strada. Il traffico era molto elevato per il rientro serale dalla sagra dei prodotti del sottobosco di Portico.
Poi finalmente è sopraggiunta una pattuglia dei carabinieri e una volta fornite le mie generalità e concordato il testo del verbale, loro sono rimasti ad attendere gli ‘Amici degli animali’ per il trasporto nel centro di recupero ed io sono ripartito verso casa”.
 
Ora i carabinieri stanno cercando l’automobilista che sicuramente deve avere avuto dei danni, ma che certamente non doveva andare via: soccorrere un animale ferito è d'obbligo per legge.
 
L'automobilista potrebbe rischiare persino di essere denunciato per maltrattamento di animali, per aver lasciato l'animale agonizzante in quelle condizioni.
 
Foto e Fonte: Romagna Noi

lunedì 11 aprile 2022

Terra del Sole un ciclostile "antico"

 Terra del Sole un ciclostile "antico"

 

 



 

 

 



“La città ideale - Fortezza della Romagna fiorentina” uscì in prima edizione nel 1979.

Copertina rigita in tela con sovracoperta illustrata. Un librone bello grosso, 438 pagine, con illustrazioni in bianco e nero “fuori testo”.

L’autore, Don Enzo Donatini, parroco di Terra del Sole.

Conservo di quella “prima” due copie, una ancora intonsa, mai sfogliata, l’altra letta e riletta, “vissuta”, con tanti paragrafi e note al testo che ho minuziosamente sottolineato per memorizzarne i contenuti da approfondire e indagare con più precisione.

Credo che quel libro sulla Storia del mio paese sia stata acquistata da tutti i terrassolani miei compaesani e sia presente in tante biblioteche domestiche.

Nel tempo, in seguito alle tante presentazioni pubbliche, ai confronti con l’autore, ai tanti dibattiti critici, alle ricerche storiche e d’archivio che si sono susseguite da “quella prima opera”, Don Enzo ha fatto ristampare altre edizioni, integrate aggiornate in diversi passaggi.

Nella sostanza, nel fondo della narrazione, in quella ricerca storica è però rimasta evidente la passione e l’amore che Don Enzo ha espresso nei confronto del Nostro paese, della Nostra cittadella fortificata medicea, di impronta toscana in terra di Romagna.

    Già dalla prefazione della prima edizione Don Enzo dichiara apertamente che tutto il contesto che riguarda la nascita e lo sviluppo storico e sociale, urbanistico e artitettonico è figlio di un umanesimo che si è materializzato a Terra del Sole.

Una visione molto idealizzata che in molte parti della sua ricerca ha portato a enfatizzare abbandonando lo spirito critico e distaccato che dovrebbe ispirare e orientare il ricercatore storico.

    Ma Terra del Sole è stata per Don Enzo una seconda madre, una seconda famiglia, sicuramente una casa e la sua “passione” è probabilmente comprensibile e giustificata.

Terra del Sole ha accolto Don Enzo, appena ordinato sacerdote, fin dalla primavera del 1944 mentre imperversava la guerra. Dieci anni dopo subentra come arciprete della chiesa parrocchiale di Santa Reparata, posta al centro, nel cuore, della cittadella fortificata, difronte alla piazza e al Palazzo Pretorio.

Don Enzo ha amato profondamente Terra del Sole forse anche di più degli stessi terrassolani autoctoni.

    Oltre al suo tipografico saggio storico su Terra del Sole conservo, con gelosia, ingiallito dal tempo, un ciclostilato su fogli delicati, come di carta velina, di quelli fatti con la stampante che era in canonica e con cui si stampavano anche i bollettini domenicali. Sei pagine, in un formato oggi non più in circolazione, dattiloscritte e con alcuni disegni fatti a mano.  Terra Del Sole Cittadella Medicea, un “ciclostilato in proprio”, datato 7 Giugno 1958, poco più di due mesi prima che io nascessi nel “borgo di sotto”.

Sono forse uno degli ultimi nati in paese, con l’ausilio della balia e non all’ospedale forlivese. Sono stato bazzettato da Don Enzo che mi ha anche cresimato.

Ho frequenato l’asilo delle suore, in parrocchia ho fatto il “catechismo”, sono stato anche chierichetto alle messe di Don Enzo e l’ho accompagnato alle benedizioni pasquali nelle case del paese. Ho partecipato a tutte le iniziative della parrocchia, dalle “colonie estive” alle gite a Monte Paolo, ai campeggi sull’Appennino. Alle recite natalizie nel teatrino del “Calderone” impersonavo sempre Gesù bambino. Ho frequentato le scuole elementari quando erano ancora dentro al Palazzo Pretorio. Don Enzo è stato anche il mio insegnante di religione alle scuole medie.

A noi bambini Don Enzo ci ha sempre raccontato, fatto conoscere e amare il Nostro piccolo paese, come fosse un gioiello antico e prezioso da preservare con gelosia.

Assieme ai coetanei ho “esplorato” ogni angolo della fortezza, dalle gallerie delle “casematte” alle cantine e ai solai delle case nei borghi.

Poi crescendo sono uscito da “dentro le mura” e ho conosciuto anche altri appassionati di storia locale, come il laico Abramo Tronconi al quale si deve la prima biblioteca comunale. Abramo si è adoperato attivamente  per salvare dalla polvere degli scantinati del municipio i documenti antichi che sono diventati l’Archivio storico di cui mi vanto di aver avuto l’onore di inaugurare.

Ho sempre reso pubbliche le mie critiche, costruttive e non polemiche, verso la ricerca storica di Don Enzo su Terra del Sole impostata con quella sua lente un po’ deforme di chi ha scritto una grande dedica d’amore.

Ma riconosco a Don Enzo il merito enorme di aver fatto emergere in noi terrassolani l’amore verso il Nostro paese. Forse quel vecchio ciclostilato è la prima vera prova di stampa della passione di Don Enzo.

[Don Enzo Donatini, Londa (FI), 19/04/1920 - Terra del Sole (FC) 17/09/2016]

 Forlì, 7 aprile 2022 - Claudio Torrenzieri

Uno spazio pubblico intitolato a Mario Savelli

Era l'8 maggio 2018 quando inviai una e-mail alla Sindaca di Castrocaro Terme e Terra del Sole con all'oggetto: PROPOSTA INTITOLAZIONE SPAZIO PUBBLICO AL CONCITTADINO MARIO SAVELLI.

08/mag/2018
a: sindaco@comune.castrocarotermeeterradelsole.fc.it
Sono con la presente a proporre al Comune di Castrocaro Terme e Terra del Sole (FC) di intitolare uno spazio pubblico al concittadino Mario Savelli, stimato personaggio politico della storia del nostro Comune.
Mario Savelli, castrocarese di nascita, ha dedicato gran parte della propria esistenza in vita all’interesse collettivo, alla tutela, alla promozione, alla valorizzazione e allo sviluppo della società civile e dei beni comuni della nostra comunità locale, in quanto è stato ininterrottamente Consigliere comunale dal marzo 1946 al giugno 1970; Sindaco per quasi due legislature consecutive, da giugno 1975 a giugno 1980 e in seguito fino al 1° ottobre 1984 quando si è dovuto dimettere dalla carica di “primo cittadino” per motivi di salute poi, nuovamente Consigliere comunale nella successiva legislatura dal maggio 1985 al maggio 1990.
Mario Savelli ha dedicato complessivamente 38 anni alla vita amministrativa del Nostro Comune di cui 29 anni in qualità di Consigliere comunale e 9 anni di Sindaco.
A tal fine si propone di individuare come spazio pubblico da dedicare e intitolare alla personalità politica di Mario Savelli l’area di pertinenza del Municipio così come meglio tratteggiata con retinatura in colore rosso nell’allegata planimetria.
In alternativa a questa ipotesi, visti i meriti e gli anni di dedizione alla Nostra municipalità, si potrebbe dedicare e intitolare a Mario Savelli lo stesso edificio municipale.
Certo di poter ottenere una gradita condivisione di questa proposta invio cordiali saluti.
In fede Claudio Torrenzieri

Alcuni giorni dopo, il 15 marzo, realizzai anche un post su questo blog: INTITOLARE UNO SPAZIO PUBBLICO AL CONCITTADINO MARIO SAVELLI

La proposta inviata alla Sindaca era corredata da una scheda biografica e per non lasciare nulla al caso stampai il tutto e lo consegnai al protocollo comunale.

Tre mesi dopo nessuna risposta. Per cui inviai una seconda e-mail alla Sindaca chiedendo di poter avere riscontro di due mie proposte (una riguardava un progetto di allestimento per il Palazzo Pretorio di Terra del Sole e l'altra era appunto la proposta di intitolazione a Mario Savelli):
mar 10 lug 2018
a: sindaco@comune.castrocarotermeeterradelsole.fc.it
Sono a richiedere un suo riscontro alle mie proposte che le ho inviato e presentato già molto tempo fa di cui non ho saputo più niente!
La prima proposta era relativa a una bozza di progetto per un allestimento di Palazzo Pretorio a Terra del Sole dedicata alle antiche cartografie (e non solo), di cui le ho consegnato copia a stampa in occasione di un colloquio presso il Suo ufficio comunale.
La seconda proposta era relativa alla intitolazione di uno spazio pubblico al concittadino Mario Savelli (inviata per email l'8 maggio scorso).

Da allora sono trascorsi inultimente gli anni (ben quattro) e solo pochi giorni fa (5 aprile 2022) sulla pagina facebook dell'Ufficio turistico IAT Castrocaro Terme (chissà perché manca il riferimento a Terra del Sole?) compare un articolo del Resto del Carlino in cui il Vice-Sindaco annuncia per la cittadella medicea importati e significativi finanziamenti (milioni di euro) per il restuaro di parti della cinta muraria, di Porta Romana (che è già stata oggetto in passato di altri interventi), del bastione di Santa Maria facendolo "diventare un polo museale, turistico e culturale". 


Nel merito sarebbe interessante, dato che siamo alla vigilia della campagna elettorale, sapere se oltre al "contenitore" questa maggioranza di "centro-sinistra" ha anche in mano il "contenuto" da realizzare. O forse come al solito i soldi pubblici ci sono per cuocere i "mattoni" e tirar su i "muri" ma quasi mai per il "condimento"!

Ma per tornare al tema di questo post occorre sottolineare che il Vice-Sindaco, nell'articolo-intervista in questione annuncia anche che, da cittadino, gli "piacerebbe che la piazza venisse intitolata al nostro caro don Enzo Donatini, che tanto si era battuto per la demolizione [di un fabbricato all'interno delle mura] e la valorizzazione della cittadella".
Da cittadino sono ovviamente molto contento di questa proposta, dato che ho avuto la fortuna di conoscere personalmente Don Enzo e con cui spesso mi sono scontrato proprio sui contenuti della Storia del Nostro paese. Vedi in proposto il post Terra del Sole un ciclostile "antico"   

Perciò, da cittadino, faccio notare che questi amministratori, prima di fare promesse dal sapore pre-elettoralistico, dovrebbero dare risposte in ordine di tempo ad altre proposte che giacino da tempo dimenticate nei loro cassetti delle meraviglie.

PER SCARICARE L'ISTANZA IN PDF CLICCA QUI

 

 


martedì 15 maggio 2018

INTITOLARE UNO SPAZIO PUBBLICO AL CONCITTADINO MARIO SAVELLI

PROPOSTA DI INTITOLAZIONE DI UNO SPAZIO PUBBLICO significativo e rappresentativo nel territorio del COMUNE DI CASTROCARO TERME E TERRA DEL SOLE (FC) A MARIO SAVELLI, STIMATO E ILLUSTRE POLITICO LOCALE

Mario Savelli nasce a Castrocaro il 18 ottobre 1920 da Achille e Rosa Lombardi.
Quella dei Savelli è una famiglia, come tante altre all’epoca, numerosa (quattro figli maschi e due femmine).
Una famiglia radicata nel vissuto locale, laboriosa e comunque attiva nella vita sociale e politica che non rinuncerà mai, anche difronte alle avversità e alle prepotenze, ai propri ideali di socialismo, laicismo, pluralismo e uguaglianza.

Fin da giovanissimo, Mario, così come anche per gli altri fratelli più grandi, per mantenere un sostentamento economico famigliare, trova un’occupazione dignitosa presso il Grand Hotel di Castrocaro come cameriere.Manterrà questo lavoro fino ai sui 19 anni quando, nel 1939 viene “chiamato alle armi” e arruolato
nel Battaglione Genio Pontieri, prima inviato nella “Campagna di Grecia” poi con l’ottava armata nella famigerata “Campagna di Russia”.
Dall’inverno del 1942 il cosiddetto  “Fronte Orientale” subirà la più grave e tragica sconfitta del Regio esercito italiano. Circa 100mila soldati italiani non riuscirono a ritornare a casa.
Tra i reduci più “fortunati” nella ritirata, a piedi su piste ghiacciate, Mario assieme ad altri commilitoni, anche grazie all’impegno del Tenente Colonnello Giuseppe Parisi che riuscì a trasferirli su di una littorina, raggiuse Roma in un paio di settimane.
All’armistizio, alla fine della seconda guerra mondiale, viene congedato e rientra nella sua Castrocaro liberata dai nazi-fascisti.Riprende il suo posto di lavoro al Grand Hotel e nel 1946, alle prime elezioni comunali, dopo la caduta della dittatura fascista, Mario viene eletto consigliere comunale nelle fila del Partito Socialista Italiano.
Il 1° aprile del 1948 si sposa con Lea Assirelli di Dovadola e ad agosto nasce Leonarda la loro prima figlia. Purtroppo le conseguenze della “Campagna di Russia” non si fanno attendere. 

 In quello stesso anno si ammala di tubercolosi polmonare e viene più volte ricoverato nei successivi due anni, prima nel “sanatorio” di Imola poi in quello di Sondrio. Fra lunghe degenze e brevi dismissioni nel novembre del 1949 nasce Loretta, la seconda figlia.
Alla fine del 1950 viene definitivamente dimesso da quella lunga e alternata degenza ma
nel frattempo il suo posto di lavoro è stato riassegnato e Mario si ritrova disoccupato con una famiglia da mantenere.

Data la sua spiccata vocazione e predisposizione politica inizia una nuova esperienza professionale dedicandosi all’attività sindacale presso la locale Camera del Lavoro.



 
Alle elezioni comunali del 1951 viene rieletto consigliere comunale, riconfermato anche nelle successive leglislature ininterrotamente fino al 1970.
Nello stesso periodo e fino al 1975 continuerà la sua attività di sindacalista quando a 55 anni viene eletto Sindaco del Comune di Castrocaro Terme e Terra del Sole.



Svolgerà l’incarico politico di “primo cittadino comunale” con continuità per altri nove anni fino al 1° ottobre del 1984 quando, per motivi di salute dovrà dimettersi ma, dal maggio del 1985, rieletto consigliere comunale manterrà il suo ruolo politico fino al 1990.

All'età di 75 anni Mario Savelli viene a mancare il 15 dicembre 1995 dopo aver dedicato 38 anni della propria esistenza alla vita amministrativa del Nostro Comune di cui 29 anni in qualità di Consigliere comunale e 9 anni di Sindaco.

PS: si propone di individuare come spazio pubblico da dedicare e  intitolare alla personalità politica e alla memoria di Mario Savelli l’area di  pertinenza del Municipio così come meglio tratteggiata con retinatura in  colore rosso nell’allegata planimetria.



[appunti e informazioni suggeriti da Fiorella Savelli, sorella minore di Mario] 

Ipotesi:


martedì 16 maggio 2017

il Sacro Monte della Pietà di Forlì

Giustifica[zioni] e Notizie che concernono la conservaz[ione]
delli Privilegi del Sag. Mo[nte]della Pietà di Forlì

Ricerca storica sulle origini del Sacro Monte della Pietà di Forlì condotta
su documentazione indedita testi e immagini a cura di Claudio Torrenzieri

• La fondazione del S. Monte è remotissima, non conoscendone l’epoca precisa
Ancora oggi, alle soglie del XXI° secolo, aleggia il mistero sulla data di istituzione del Sacro Monte della Pietà di Forlì. Sia nelle pubblicazioni ufficiali sia nei siti web istituzionali è comunemente indicato il 21 Marzo 1511.
Quasi tutta la bibliografia esistente è prevalentemente dedicata alla storia dell’edificio, ben poco alle vicende storiche della vita amministrativa e sociale di questa istituzione caritatevole.
[...]
• Un viaggio a ritroso nel tempo

In una relazione manoscritta della prima metà dell’Ottocento conservata presso l’Archivio di Stato di Forlì si denuncia in modo esplicito che la fondazione del S. Monte è remotissima, non conoscendone l’epoca precisa.
[...]
• L’attività feneratizia degli ebrei a Forlì

Gli archivi storici dei Monti della Pietà e Frumentari sono rintraccibili in molte località romagnole e consentono di cogliere l’influenza sia sociale sia culturale che hanno avuto queste istituzioni caritatevoli nello svolgersi della vicende della storia locale. Nell’economia delle comunità, dal XVI secolo in poi, la beneficenza ha svolto un ruolo fondamentale per l’affrancameto da povertà enedmiche delle classi più povere.
[...]
Gli eventi bellici
Relativamente al periodo bellico (1944 e il 1945) si è cercata ogni informazione sulla completa e definitiva scomparsa e/o distruzione dei documenti storici dell’Archivio del Monte. [...]
Le fonti bibliografiche moderne
L’ampia bibliografia sui Monti (vedi bibliografia) dimostra come questi istituti che già associavano all’assistenza, alla carità e al risparmio “plebeo” attività di prestito ai privati e agli enti locali, siano stati determinanti per la storia moderna locale, contribuendo nel corso dei secoli sia al riscatto sociale delle classi più umili e all’affrancazione da endemiche povertà sia all’affermazione di una borghesia illuminata e di una classe imprenditoriale che, in particolare nello Stato della Chiesa, dall’inzio dell’ottocento, ha dato vita a forme moderne di credito rintracciabili nelle originarie Casse di Risparmio. [...]
Memorie storiche intorno ai Forlivesi benemeriti 

Al Monte di Pietà dedica il Capo III. Da pagina 30 a 36, per la prima volta, in modo abbastanza organico anche se succinto e riassuntivo, viene narrata la vita sociale, politica, culturale ed economica di questo importante istituto caritaevole, anticipatore di forme più moderne del credito finanziario.
Il testo ci indirizza a delle note esplicative. Quella specifica alla data fondativa del Monte è la n. 13 che troviamo a pagina 155 e fa riferimento ad un «Estratto della deliberazione del consiglio 21 marzo 1511»[...]
Le fonti bibliografiche antiche
Sulla datazione dell’origine del Monte di Pietà di Forlì la bibliografia “moderna” del secolo scorso si affida a quanto riportato dal Matteucci nell’edizione del 1843 delle sue “Memorie storiche”. [...]
Il manoscritto inedito 
Oltre alla ricerca sulla documentazione conservata nelle biblioteche e negli archivi pubblici, si è indagato anche verso altre fonti quali i cataloghi antiquari. [...]
libro existenti in Secret.a S. Mont[is] 

Il documento rileva un’evidente similitudine con il Sommarium (37) e si deduce che la sua collocazione originaria è certamente “interna” all’istituto stesso. [...]
La fondazione del Sacro Monte della Pietà - Consiglio della Comunità di Forlì del 21 marzo 1510
Il testo manoscritto si apre a carta 6 recto con indicata la data di compilazione al mese di gennaio del 1719 e contiene il rescritto del Consiglio generale e segreto della Comunità di Forlì del 21 marzo 1510 attestante la fondazione del Sacro Monte della Pietà
[...]
Perizia dell’agrimensore Giuseppe Bovari della Città Forlì del 14 giugno 1719
il quale avendo «visitato il Palazzo dove si esercita l’opera del detto Santo Monte posto sulla strada Flaminia tra suoi notissimi Confini, ... stimo et asserisco che detta Fabbrica possa sormontare il valore di scudi sei milla tercento settant’uno, baiocchi trentatre, denari sei ...»
[...]
Vicenda relativa ad una vertenza con il Vescovo cittadino 

22 settembre 1717 nel Consiglio segreto della città di Forlì si propose che «in esecuzione agli ordini di questo Consiglio si portarono da Mos.re Ill:mo Vesc.o per assodar seco qualche onseto(sic) delle pendenze vertenti fra ilnostro S. Monte e (sic) Ecclesiastico et, essendo la loro rappresentanza riuscita (sic) com’anche un’altra replicata a tal effetto per parte de (sic) si propone il quid agendum, massime, che il seminario (sic) a tentare replicatamente l’essecuzione contro de (sic) Cassiere con pericolo di qualche scandalo ...»  [...]Alcune fonti integrative Bibliografia essenziale 

domenica 29 gennaio 2017

La spedizione del Monte Sassone.


La spedizione del Monte Sassone.

Ricordi lasciati da Sante Montanari detti “Cascio” di Lugo

Capo I Esordio

Gigì ad Masòn
Mi sarei rassegnato a tacere ancora, aspettando che un pietoso velo avesse sepolto per sempre nell'oblio il così detto “Moto di Castrocaro” ma poiché, dopo oltre un ventennio, si osa farne sui giornali delle delle pubblicazioni talvolta cervellotiche e quindi non esatte, mi trovo nella necessità d'intervenire.
E siccome io sono indicato (modestia a parte) come il principale fautore del sopradetto “Moto di Castrocaro” debbo mettere le cose a posto nell'intento di giustificare il mio operato, tanto dal lato del prestigio morale, come da quello più importante della sincerità.
Vengo dunque ad una esatta e dettagliata esposizione di cose e fatti, e prego il lettore ad essermi cortesemente benevolo di attenzione.
Dividerò la narrazione in diversi capitoli, incominciando con un po' di storia retrospettiva del nostro elemento rivoluzionario, perchè si sappia che chi dedicò forza, anima e onore ad una azione non scevra di pericoli, non fu vittima né di  un fanatismo insano, né di una esaltazione ingiustificata, ma per il portato di una convinzione profonda, che gli eventi man mano maturarono.

sabato 31 dicembre 2016

Degli usi, e pregiudizj nel fine dell' anno e del capo d'anno

Degli usi, e pregiudizj nel fine dell' anno.
Le donne, massimamente le più vecchie, si guardano dal lasciare per tale giorno imperfetto un lavoro già intrapreso.
Del capo d'anno; ed usi, e pregiudizj relativi al primo giorno dell’anno.
1. Anco fra contadini, come nella città, si usa il dare il buon capo d’anno: questo augurio si costuma solo fra gli anziani ed i capi delle ville, incontrandosi i quali fra loro, dicono: « bon dè, bon ann »;e  rispondendosi a vicenda « Dì ù ze conzeda: » cioè, buon giorno, buon anno: Dio ce lo conceda.
2. Sono vigilanti li contadini tanto uomini , che donne nel sortire di casa nel primo giorno dell’anno
a rimarcare il soggetto, che incontrano per il primo, desumendo da tale incontro un preludio o fausto, o funesto per le vicende dell’anno intero.
3. Se incontrano un povero, è un augurio cattivo.
4. Se incontrano un benestante, e dabbene, presagisce un buon anno.
5. Incontrandosi in un vecchio indica morte di qualcuno  della famiglia entro l’anno; quale presagio si ha incontrandosi in un prete da uomini, fanciulli, o donne maritate.
6. All’opposto, se una giovine nubile, od una vedova s’incontra in un prete, è segno, che in quell’anno deve unirsi in matrimonio.
7. In detto primo giorno dell’anno dicono i contadini, che bisogna fare un poco di tutti i lavori, i quali sogliono fare in tutto l'anno; perchè cosl vanno a riuscire tutti bene.
 

[tratto da "CAPITOLO VIII. Degli usi, e pregiudizj nel fine dell' anno."; "TITOLO V. DEGLI USI E PREGIUDIZI RELATIVI A CERTE EPOCHE PRINCIPALI DELL' ANNO. CAPITOLO l.",  in USI, E PREGIUDIZJ DE' CONTADINI DELLA ROMAGNA - OPERETTA SERIO-FACETA DI PLACUCCI MICHELE DI FORLI’ Aggiunto al Segretario, e Capo Speditore presso la suddetta Comune DEDICATA ALLI SIGNORI ASSOCIATI MDCCCXVIII.]

venerdì 30 dicembre 2016

Le male femmine

Quando San Pietro viveva fra gli uomini un giorno si dipartì da Forlì con un cesto ricolmo di male femmine cui doveva donar loco. 
Risalì la val di Montone: e il cesto pesava grave come il peccato. Il Santo faceva fatica grande. 
Ed ecco che cominciò per suo sollievo a disseminar qualche pizzico delle malnate a Terra del Sole. Poi dovette continuare con qualche manciatella a Castrocaro. 
Ma andando passo dietro passo, vieppiù la strda si faceva erta e più aumentava il pondo del cesto. 
E così più si faceva sentir forte la fatica. 
Il Santo giunse a Dovadola che se ne stava schiantato. Tanto che a Dovadola ribaltò deciso il cesto e vi dette anzi, dal fondo rovesciato, un colpo della mano, che niuna donna vi rimanesse dimenticata, come l'inutile festuca.
E' così che a Dovadola è rimasto loco dove le puttane sono molte; che d'incontro, più su, a Rocca, puttane non ce ne sono punte, se è vero, come è vero, che San Pietro vi giunse, proseguendo per l'erta valle, col cesto svuotato. 
Paese di brava gente, Rocca! 
 [Livio Carloni, alias Luciano De Nardis, "A la garboja", La piè, 20 (1951): 157:159]

mercoledì 21 dicembre 2016

L'origine del romagnolo

Ui era San Pietre e e Signor che j andeva in gir e j arivè in Rumagna.
Quand S. Pietre e vest se bel paies e ch l era spuplè l ha cmenz a mett ‘t la testa ma e Signor chi vleva fe e rumagnol.
E e Signor ui geve: Arcordat ben che i ven cattiv, ch i biastemma.
E ‘lora San Pietre un e vuleva cred.
E e Signor e da un chelz ‘t na castagna ad sumar e e selta so e rumagnol cun e su caplen int l’ureccia e e dis: Oh boja de Signor a so i qua. – T l’ èvi dett cimm l’andèva a finì Pietre ?


(dialetto rminese – tratto da “saggio di novelle e fiebe in dialetto romagnolo di G. G. Bagli – Bologna 1887)

sabato 3 settembre 2016

I terremoti storici in Romagna


Cartolina di Santa Sofia terremoto del novembre 1918
Nella notte tra il 19 e il 20 ottobre 1768, attorno alla mezzanotte ora locale (cioè attorno alle 23 GMT, l’ora riportata per convenzione nei cataloghi sismici), due forti scosse di terremoto colpirono l’Appennino tosco-romagnolo, causando gravi danni nell’alta valle del fiume Bidente. Una decina di centri, tra cui Santa Sofia (oggi in provincia di Forlì-Cesena), subirono estese distruzioni, con effetti che sono stati valutati attorno al grado 9 della scala MCS (Mercalli-Cancani-Sieberg); poco meno di una ventina di altri paesi, tra villaggi e borghi, subirono danni gravi e diffusi, con effetti superiori al grado 7 MCS (Guidoboni et al. 2007).

La prima scossa danneggiò notevolmente Santa Sofia, dove crollarono edifici fatiscenti e mal costruiti, soprattutto case rurali. Dopo alcuni minuti avvenne la scossa più forte, che causò le distruzioni maggiori. Seguirono nella stessa notte altre scosse minori che causarono ulteriori danni a Santa Sofia e dintorni.

Galeata (FC): epigrafe murata sulla facciata
della Pieve di San Pietro in Bosco,
in cui è ricordato il terremoto che colpì
la cittadina nel 1194 [foto di Romano Camassi – Ingv-Bologna].
La zona colpita dal terremoto, nel cuore dell’Appennino romagnolo, all’epoca era un’area di notevole importanza strategica per la viabilità ed era attraversata dal confine tra due importanti Stati politicamente e amministrativamente indipendenti: il Granducato di Toscana e lo Stato della Chiesa. Il confine correva proprio lungo il fiume Bidente: il territorio sulla riva sinistra (a ovest) del fiume afferiva a Firenze e includeva Santa Sofia e Galeata; quello sulla riva destra (a est) era invece sotto il Papato e includeva, oltre alle vicine Civitella e Meldola, anche il borgo di Mortano, che all’epoca era separato da Santa Sofia (nel 1828 Mortano divenne poi Comune autonomo fino al 1923, anno in cui fu annesso a Santa Sofia). L’amministrazione comunale di Santa Sofia dipendeva dalla podesteria di Galeata, mentre Mortano faceva parte del territorio di Meldola, feudo del principe Andrea Doria Pamphilj all’interno dello Stato Pontificio.

A Santa Sofia crollarono molti edifici, compresi il castello e la rocca, e gran parte della chiesa parrocchiale di Santa Lucia; gli edifici rimasti in piedi rimasero tutti più o meno seriamente lesionati. Il campanile con l’orologio pubblico si inclinò e divenne pericolante. Ci furono gravissime distruzioni anche nell’abitato di Mortano, sulla riva destra del fiume Bidente, e nei piccoli villaggi e borghi rurali del contado, tra cui Berleta, Camposonaldo, Collina di Pondo e Spescia. Le scosse danneggiarono gravemente anche il ponte sul Bidente che univa Santa Sofia a Mortano e costituiva un importante collegamento tra il Granducato di Toscana e lo Stato Pontificio.

Danni gravi e diffusi si ebbero a Spinello, Cerreto, Cabelli e altri villaggi rurali, dove crollarono alcuni edifici.

La gravità degli effetti di danno fu sicuramente accentuata dalla estrema vulnerabilità dell’edilizia rurale della zona, tipica di tutta l’area appenninica, caratterizzata da case costruite per lo più in ciottoli di fiume legati con malte povere, con pareti esterne mal connesse e tetti pesanti in lastre di arenaria poggianti direttamente sulle pareti perimetrali.

A Rocca San Casciano fu seriamente danneggiato il convento dei padri Minori Osservanti Riformati, che divenne in gran parte inabitabile. Nel resto della montagna romagnola ci furono danni più leggeri in centri come Cusercoli, San Piero in Bagno, Tredozio, Galeata, Brisighella, dove alcuni edifici rimasero lesionati in modo non grave; danni lievi anche a Forlì, dove caddero diversi comignoli.

Il frontespizio di una relazione
a stampa sul terremoto all’interno
della Gazzetta Toscana, anno 1768, Tomo Terzo].
La scossa principale, quella più forte, fu avvertita fortemente e con panico, ma senza danni, a Cesena, Meldola, Portico di Romagna, Faenza. Spavento anche a Firenze, dove oltre alla scossa principale (mainshock) furono avvertite in modo più lieve anche la prima scossa e alcune repliche (aftershocks) nell’arco di 3 ore; la scossa più forte nella capitale del Granducato durò “6 battute di polso” (circa 6 secondi). Il terremoto fu avvertito a Rimini, Pesaro, Cento (in provincia di Ferrara), Padova e a Roma. La sequenza sismica durò per alcuni mesi.

Le scosse causarono anche effetti sull’ambiente naturale: nell’area epicentrale attorno a Santa Sofia furono osservati fenditure e crepacci nel terreno. Complessivamente vi furono un centinaio di vittime, di cui 54 solo a Santa Sofia e una dozzina a Mortano.

 Le due amministrazioni statali coinvolte, Firenze e Roma, risposero con ritardo alle richieste e alle suppliche da parte dei governatori e delle popolazioni locali. Il granduca di Toscana, Pietro Leopoldo, il 2 novembre inviò sul posto il “soprasindaco del magistrato dei Nove”, Giovan Battista Nelli, con l’incarico di verificare l’entità dei danni e provvedere alle prime necessità della popolazione che già da dodici giorni era costretta a bivaccare all’aperto. Il 9 novembre, anche il principe Andrea Doria Pamphilj, feudatario di Meldola, inviò sul luogo il suo agente generale Matteo Barboni con l’incarico di distribuire alla popolazione la somma di 600 scudi e l’equivalente in grano. Affidò inoltre al governatore di Meldola, Gentili, il compito di rilevare i danni alle case e di predisporre le liste per la distribuzione degli aiuti.

Cartolina di Santa Sofia terremoto del novembre 1918
In entrambi i casi, però, gli interventi economici, sebbene ampiamente pubblicizzati dai giornali dell’epoca, si rivelarono inadeguati alle reali esigenze della popolazione, che incontrò difficoltà e problemi a far fronte ai costi crescenti legati al forte aumento della domanda di manodopera e di materiali da costruzione. Le popolazioni locali dovettero così sopportare l’intero onere delle ricostruzioni, sia di quelle relative al patrimonio edilizio privato, sia di quelle relative alle chiese parrocchiali. A Spinello, per esempio, si protrasse per anni un dissidio fra parroco e parrocchiani a proposito della riparazione della chiesa “tutta fracassata”, che secondo il parroco spettava completamente al popolo (Guidoboni et al., 2007).

 L’area appenninica romagnola è fra le zone maggiormente sismiche dell’Italia centro-settentrionale, soprattutto per l’elevata frequenza di terremoti che nel corso dei secoli vi hanno causato danni più o meno gravi, e in diverse occasioni anche estese distruzioni.

Cartolina di Santa Sofia terremoto del novembre 1918
Per quanto riguarda gli ultimi mille anni di storia (CPTI11), il primo evento di cui si ha notizia nell’area è quello del 1194, ricordato da un’epigrafe ancora oggi visibile sulla facciata della Pieve di San Pietro in Bosco a Galeata. A partire dal XVI secolo forti terremoti che hanno causato gravi danni e distruzioni nell’Appennino romagnolo (alte valli del Bidente e del Savio) o nella fascia pedappenninica tra Faenza, Forlì e Cesena, sono avvenuti a cadenza secolare:
Data     Area epicentrale     Imax (MCS)     Mw
1584 09 10     Appennino tosco-emiliano1     9     5.8
1661 03 22     Appennino romagnolo     10     6.1
1768 10 19     Appennino romagnolo     9     5.9
1781 04 04     Romagna     9-10     5.9
1781 07 17     Romagna     8     5.6
1870 10 30     Romagna     8     5.6
1918 11 10     Appennino romagnolo     9     5.9

L’elevata frequenza di forti terremoti in quest’area emerge chiaramente anche dalla storia sismica di Santa Sofia che si può ricavare dal catalogo CPTI11. Negli ultimi 1000 anni coperti dal catalogo la storia sismica di questo comune è nota solo a partire dalla fine del XVI secolo (terremoto del 1584); il che ovviamente non significa che a Santa Sofia prima non ci siano stati terremoti, ma che allo stato attuale delle conoscenze semplicemente non si hanno informazioni a riguardo (o perché queste informazioni non sono mai state prodotte, o più verosimilmente perché non si sono conservate fino ai giorni nostri).

Cartolina di Santa Sofia terremoto del novembre 1918
A partire dal 1584, in un arco temporale di circa 430 anni, Santa Sofia ha subito gravi danni e distruzioni a seguito di quattro forti terremoti (Intensità ≥ 8 MCS) e danni minori (Intensità ≥ 6 MCS) in almeno sei altre occasioni. Dopo le distruzioni del 1918 e la ricostruzione successiva, la cittadina ha subito danni più lievi a seguito di terremoti anche negli anni 1952, 1956, 1957 e 2003. In realtà, per i terremoti minori la storia sismica di Santa Sofia risulta completa solo dal 1900 in poi e dunque si può supporre che nei secoli precedenti vi siano stati altri episodi sismici che hanno causato dei danni, ma che non sono stati “registrati” dalla tradizione sismologica.

Il 4 aprile e poi di nuovo il 17 luglio 1781 due forti scosse interessarono la Romagna, causando gravi ed estesi danni tra faentino e forlivese.

Cartolina di Mortano, Santa Sofia, terremoto del novembre 1918
Le aree colpite dai terremoti del 4 aprile (Mw 5.9, CPTI11) e del 17 luglio (Mw 5.6, CPTI11) risultano in buona parte sovrapposte, mentre quella colpita dal terremoto del 3 giugno è decisamente spostata più a sud-est. E tuttavia i tre eventi furono sufficientemente ravvicinati nel tempo e nello spazio da poter ragionevolmente pensare che abbiano generato una situazione di allarme crescente e prolungato in una vasta area dell’Italia centrale a cavallo dell’Appennino, compresi diversi centri dove le scosse causarono solo lievi danni o furono solo ripetutamente avvertite (ad esempio in città come Firenze, Arezzo, Pesaro, Rimini, Ravenna). L’occorrenza di forti scosse ravvicinate non solo nel tempo ma anche nello spazio geografico è una caratteristica che sembra ricorrere con una certa frequenza nella storia sismica italiana. Per rimanere nell’Appennino settentrionale (incluso il settore di catena colpito dagli eventi del 1781), è molto significativa la serie di forti terremoti avvenuti nella prima metà del secolo scorso nell’arco di soli cinque anni, tra il 1916 e il 1920, con una curiosa “migrazione” degli epicentri da sud-est a nord-ovest: nel 1916 una lunga e complessa sequenza sismica colpì la costa adriatica tra Pesaro e Rimini, con due eventi principali (17 maggio, Mw 6.0, e 16 agosto, Mw 6.1, entrambi con Io 8 MCS); il 26 aprile 1917 toccò all’alta Valtiberina, nella zona di Monterchi (AR) e Citerna (PG), con Mw 5.9 (Io 9-10 MCS); il 10 novembre 1918 furono gravemente danneggiati Santa Sofia (FC) e altri centri dell’Appennino forlivese (Mw 5.9, Io 9 MCS); poco più di 7 mesi dopo, il 29 giugno 1919, fu la volta del Mugello con Mw 6.3 (Io 10 MCS) e gravi distruzioni tra Vicchio e Borgo San Lorenzo (FI); infine, il 7 settembre 1920 si verificò il più forte terremoto fino ad oggi registrato nell’Appennino settentrionale (Mw 6.5, Io 10 MCS), il cui epicentro fu in Garfagnana e Lunigiana, dove ci furono vaste distruzioni e centinaia di vittime (dati da CPTI11 e DBMI11).

Dal punto di vista della pericolosità sismica, l’area dell’Appennino Forlivese è tra quelle che mostra i maggiori valori nell’Appennino Settentrionale. La pericolosità sismica esprime gli scuotimenti del suolo attesi con una certa probabilità nei prossimi anni. Valori elevati di pericolosità si possono avere in zone con eventi molto distruttivi o con eventi forti molto frequenti. In questo caso l’area è caratterizzata da sismicità che al massimo ha raggiunto magnitudo 6.1 (nel caso del terremoto del 22 marzo 1661), ma il catalogo storico riporta ben 8 terremoti con magnitudo maggiore di 5.5 (il primo della storia sismica della zona è quello del 30 aprile 1279) e 27 eventi di magnitudo maggiore di 5.0. L’accadimento ripetuto di eventi di magnitudo medio-alta fa sì che la pericolosità dell’area sia maggiore di quella delle zone circostanti.

Nel 2011 uno sciame sismico di importante intesità si verificò nel forlivese (Il fenomeno si ripete dalla fine di maggio: decine di terremoti al giorno) per quasi tutta l'estate provoncando alcune lesioni ad edifici pubbilci (vedi anche)

Italia bella e fragile: i terremoti del passato