Degli usi, e pregiudizj nel fine dell' anno. Le donne, massimamente le più vecchie, si guardano dal lasciare per tale giorno imperfetto un lavoro già intrapreso. Del capo d'anno; ed usi, e pregiudizj relativi al primo giorno dell’anno. 1. Anco fra contadini, come nella città, si usa il dare il buon capo d’anno: questo augurio si costuma solo fra gli anziani ed i capi delle ville, incontrandosi i quali fra loro, dicono: « bon dè, bon ann »;e rispondendosi a vicenda « Dì ù ze conzeda: » cioè, buongiorno, buon anno: Dio ce lo conceda. 2. Sono vigilanti li contadini tanto uomini , che donne nel sortire di casa nel primo giorno dell’anno a rimarcare il soggetto, che incontrano per il primo, desumendo da tale incontro un preludio o fausto, o funesto per le vicende dell’anno intero. 3. Se incontrano un povero, è un augurio cattivo. 4. Se incontrano un benestante, e dabbene, presagisce un buon anno. 5. Incontrandosi in un vecchio indica morte di qualcuno della famiglia entro l’anno; quale presagio si ha incontrandosi in un prete da uomini, fanciulli, o donne maritate. 6. All’opposto, se una giovine nubile, od una vedova s’incontra in un prete, è segno, che in quell’anno deve unirsi in matrimonio. 7. In detto primo giorno dell’anno dicono i contadini, che bisogna fare un poco di tutti i lavori, i quali sogliono fare in tutto l'anno; perchè cosl vanno a riuscire tutti bene.
[tratto da "CAPITOLO VIII. Degli usi, e pregiudizj nel fine dell' anno."; "TITOLO V. DEGLI USI E PREGIUDIZI RELATIVI A CERTE EPOCHE PRINCIPALI DELL' ANNO. CAPITOLO l.", in USI, E PREGIUDIZJ DE' CONTADINI DELLA ROMAGNA - OPERETTASERIO-FACETA DI PLACUCCI MICHELE DI FORLI’ Aggiunto al Segretario, e Capo Speditorepresso la suddetta Comune DEDICATA ALLI SIGNORI ASSOCIATI MDCCCXVIII.]
Quando San Pietro viveva fra gli uomini un giorno si dipartì da Forlì con un cesto ricolmo di male femmine cui doveva donar loco. Risalì la val di Montone: e il cesto pesava grave come il peccato. Il Santo faceva fatica grande. Ed ecco che cominciò per suo sollievo a disseminar qualche pizzico delle malnate a Terra del Sole. Poi dovette continuare con qualche manciatella a Castrocaro. Ma andando passo dietro passo, vieppiù la strda si faceva erta e più aumentava il pondo del cesto. E così più si faceva sentir forte la fatica. Il Santo giunse a Dovadola che se ne stava schiantato.Tanto che a Dovadola ribaltò deciso il cesto e vi dette anzi, dal fondo rovesciato, un colpo della mano, che niuna donna vi rimanesse dimenticata, come l'inutile festuca. E' così che a Dovadola è rimasto loco dove le puttane sono molte; che d'incontro, più su, a Rocca, puttane non ce ne sono punte, se è vero, come è vero, che San Pietro vi giunse, proseguendo per l'erta valle, col cesto svuotato. Paese di brava gente, Rocca! [Livio Carloni, alias Luciano De Nardis, "A la garboja", La piè, 20 (1951): 157:159]
Ui era San Pietre e e Signor che j andeva in gir e j arivè in Rumagna. Quand S. Pietre e vest se bel paies e ch l era spuplè l ha cmenz a mett ‘t la testa ma e Signor chi vleva fe e rumagnol. E e Signor ui geve: Arcordat ben che i ven cattiv, ch i biastemma. E ‘lora San Pietre un e vuleva cred. E e Signor e da un chelz ‘t na castagna ad sumar e e selta so e rumagnol cun e su caplen int l’ureccia e e dis: Oh boja de Signor a so i qua. – T l’ èvi dett cimm l’andèva a finì Pietre ?
(dialetto rminese – tratto da “saggio di novelle e fiebe in dialetto romagnolo di G. G. Bagli – Bologna 1887)