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Cartolina di Santa Sofia terremoto del novembre 1918 |
La prima scossa danneggiò notevolmente Santa Sofia, dove crollarono edifici fatiscenti e mal costruiti, soprattutto case rurali. Dopo alcuni minuti avvenne la scossa più forte, che causò le distruzioni maggiori. Seguirono nella stessa notte altre scosse minori che causarono ulteriori danni a Santa Sofia e dintorni.
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Galeata
(FC): epigrafe murata sulla facciata della Pieve di San Pietro in Bosco, in cui è ricordato il terremoto che colpì la cittadina nel 1194 [foto di Romano Camassi – Ingv-Bologna]. |
A Santa Sofia crollarono molti edifici, compresi il castello e la rocca, e gran parte della chiesa parrocchiale di Santa Lucia; gli edifici rimasti in piedi rimasero tutti più o meno seriamente lesionati. Il campanile con l’orologio pubblico si inclinò e divenne pericolante. Ci furono gravissime distruzioni anche nell’abitato di Mortano, sulla riva destra del fiume Bidente, e nei piccoli villaggi e borghi rurali del contado, tra cui Berleta, Camposonaldo, Collina di Pondo e Spescia. Le scosse danneggiarono gravemente anche il ponte sul Bidente che univa Santa Sofia a Mortano e costituiva un importante collegamento tra il Granducato di Toscana e lo Stato Pontificio.
Danni gravi e diffusi si ebbero a Spinello, Cerreto, Cabelli e altri villaggi rurali, dove crollarono alcuni edifici.
La gravità degli effetti di danno fu sicuramente accentuata dalla estrema vulnerabilità dell’edilizia rurale della zona, tipica di tutta l’area appenninica, caratterizzata da case costruite per lo più in ciottoli di fiume legati con malte povere, con pareti esterne mal connesse e tetti pesanti in lastre di arenaria poggianti direttamente sulle pareti perimetrali.
A Rocca San Casciano fu seriamente danneggiato il convento dei padri Minori Osservanti Riformati, che divenne in gran parte inabitabile. Nel resto della montagna romagnola ci furono danni più leggeri in centri come Cusercoli, San Piero in Bagno, Tredozio, Galeata, Brisighella, dove alcuni edifici rimasero lesionati in modo non grave; danni lievi anche a Forlì, dove caddero diversi comignoli.
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Il frontespizio di una relazione a stampa sul terremoto all’interno della Gazzetta Toscana, anno 1768, Tomo Terzo]. |
Le scosse causarono anche effetti sull’ambiente naturale: nell’area epicentrale attorno a Santa Sofia furono osservati fenditure e crepacci nel terreno. Complessivamente vi furono un centinaio di vittime, di cui 54 solo a Santa Sofia e una dozzina a Mortano.
Le due amministrazioni statali coinvolte, Firenze e Roma, risposero con ritardo alle richieste e alle suppliche da parte dei governatori e delle popolazioni locali. Il granduca di Toscana, Pietro Leopoldo, il 2 novembre inviò sul posto il “soprasindaco del magistrato dei Nove”, Giovan Battista Nelli, con l’incarico di verificare l’entità dei danni e provvedere alle prime necessità della popolazione che già da dodici giorni era costretta a bivaccare all’aperto. Il 9 novembre, anche il principe Andrea Doria Pamphilj, feudatario di Meldola, inviò sul luogo il suo agente generale Matteo Barboni con l’incarico di distribuire alla popolazione la somma di 600 scudi e l’equivalente in grano. Affidò inoltre al governatore di Meldola, Gentili, il compito di rilevare i danni alle case e di predisporre le liste per la distribuzione degli aiuti.
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Cartolina di Santa Sofia terremoto del novembre 1918 |
L’area appenninica romagnola è fra le zone maggiormente sismiche dell’Italia centro-settentrionale, soprattutto per l’elevata frequenza di terremoti che nel corso dei secoli vi hanno causato danni più o meno gravi, e in diverse occasioni anche estese distruzioni.
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Cartolina di Santa Sofia terremoto del novembre 1918 |
Data Area epicentrale Imax (MCS) Mw
1584 09 10 Appennino tosco-emiliano1 9 5.8
1661 03 22 Appennino romagnolo 10 6.1
1768 10 19 Appennino romagnolo 9 5.9
1781 04 04 Romagna 9-10 5.9
1781 07 17 Romagna 8 5.6
1870 10 30 Romagna 8 5.6
1918 11 10 Appennino romagnolo 9 5.9
L’elevata frequenza di forti terremoti in quest’area emerge chiaramente anche dalla storia sismica di Santa Sofia che si può ricavare dal catalogo CPTI11. Negli ultimi 1000 anni coperti dal catalogo la storia sismica di questo comune è nota solo a partire dalla fine del XVI secolo (terremoto del 1584); il che ovviamente non significa che a Santa Sofia prima non ci siano stati terremoti, ma che allo stato attuale delle conoscenze semplicemente non si hanno informazioni a riguardo (o perché queste informazioni non sono mai state prodotte, o più verosimilmente perché non si sono conservate fino ai giorni nostri).
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Cartolina di Santa Sofia terremoto del novembre 1918 |
Il 4 aprile e poi di nuovo il 17 luglio 1781 due forti scosse interessarono la Romagna, causando gravi ed estesi danni tra faentino e forlivese.
Cartolina di Mortano, Santa Sofia, terremoto del novembre 1918 |
Dal punto di vista della pericolosità sismica, l’area dell’Appennino
Forlivese è tra quelle che mostra i maggiori valori nell’Appennino
Settentrionale. La pericolosità sismica esprime gli scuotimenti del
suolo attesi con una certa probabilità nei prossimi anni. Valori elevati
di pericolosità si possono avere in zone con eventi molto distruttivi o
con eventi forti molto frequenti. In questo caso l’area è
caratterizzata da sismicità che al massimo ha raggiunto magnitudo 6.1
(nel caso del terremoto del 22 marzo 1661), ma il catalogo storico
riporta ben 8 terremoti con magnitudo maggiore di 5.5 (il primo della
storia sismica della zona è quello del 30 aprile 1279) e 27 eventi di
magnitudo maggiore di 5.0. L’accadimento ripetuto di eventi di magnitudo
medio-alta fa sì che la pericolosità dell’area sia maggiore di quella
delle zone circostanti.
Nel 2011 uno sciame sismico di importante intesità si verificò nel forlivese (Il fenomeno si ripete dalla fine di maggio: decine di terremoti al giorno) per quasi tutta l'estate provoncando alcune lesioni ad edifici pubbilci (vedi anche)