martedì 30 giugno 2009
IL GIORNO IN CUI LA NOTTE SCESE DUE VOLTE - 9 LUGLIO 2009
"il giorno in cui la notte scese due volte" potrebbe essere il titolo di un serial televisivo statunitense, ultimamente tanto di moda, con una trama del tipo "un'eclisse totale di sole, imprevista e inaspettata, come un fulmine a ciel sereno, sorprese a metà giornata la consueta esistenza di un piccola e periferica comunità locale di provincia.
Come in un presagio infausto si verificò una battuta d'arresto nello scorrere quotidiano degli eventi che fece precipitare nello sconcerto la mente e il cuore di quanti dovettero appuntare nel loro calendario, per non dimenticare, il giorno in cui la notte scese due volte.
Non una rivoluzione astronomica ma una rivoluzione culturale modificò la scansione dei ritmi sociali della piccola comunità locale.
Accadde il primo giorno, proprio quello dedicato alla luna, della seconda settimana del settimo mese del settimo anno dall'inizio del ventunesimo secolo ..."
Oppure la tematica di una trasmissione televisiva d'investigazione giornalistico-poliziesco del tipo "blu notte" o "telefono giallo" di quelle che si occupano "degli altri, diversi ma uguali" di quelli che "spariscono improvvisamente" e che destano tanto interesse da parte di spettatori alla ricerca del "sensazionale". Potrebbe anche essere uno speciale di "chi l'ha visto", la nota trasmissione televisiva osservatorio delle trasformazioni antropologiche del nostro Paese.
Potrebbe infatti essere una puntata dedicata al mistero, psicologico e sociologico, dell'identità di un noto personaggio pubblico, o forse più opportunamente di quella di un famoso autore di testi letterari drammatici del genere "horror psicologico", molto popolare nell'ambiente dei lettori del fantasy.
Si certamente "il giorno in cui la notte scese due volte" si presta come titolo per narrare l'improvvisa scomparsa di Ian e Clive Bailey, autori de "il regno dell'ombra", il famoso horror letterario che indaga l'impenetrabile alla luce della ragione e della scienza, dove i morti uccidono i vivi e mostri orribili emergono dalle viscere della terra. Così, come in un rovesciamento di ruoli, gli autori potrebbero essere stati vittime essi stessi, di mostruosi eventi simili a quelli immaginati nelle loro serie letterarie.
Oppure il titolo di un telefilm del genere giallo, noir, legal thriller, del tipo "Criminal Minds" tratto da un noto romanzo italiano dell'ultima generazione.
Purtroppo, "il giorno in cui la notte scese due volte" non è niente di tutto questo perché invece è ... il racconto di una storia di vita vera, reale, drammaticamente reale con una trama possibile "tra l'indagine giornalistica e il racconto narrativo ... dove il protagonista principale non compare direttamente nella vicenda che è invece narrata da vari testimoni come fossero delle "voci fuori campo".
Una istantanea del protagonista è l'unico indizio che traspare fra un'alba e un tramonto, come nella visione del celebre "impero della luce" di Magritte.
Il volto composto è ripreso nel momento in cui il protagonista affronta con intensità, così come si deduce dalla sua espressione, nel momento della sua massima aspirazione personale e professionale, durante la discussione della sua tesi di laurea in agronomia.
L'ultima istantanea prima di quel giorno in cui la notte scese due volte!
giovedì 25 giugno 2009
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giovedì 18 giugno 2009
L 'attacco finale alla democrazia è iniziato!
È passato l'emendamento D'Alia.
L 'attacco finale alla democrazia è iniziato!
Berlusconi e i suoi sferrano il colpo definitivo alla libertà della rete internet per metterla sotto controllo.
Ieri nel voto finale al Senato che ha approvato il cosiddetto pacchetto sicurezza (disegno di legge 733), tra gli altri provvedimenti scellerati come l 'obbligo di denuncia per i medici dei pazienti che sono immigrati clandestini e la schedatura dei senta tetto, con un emendamento del senatore Gianpiero D'Alia (UDC), è stato introdotto l'articolo 50-bis, "Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet".
Il testo la prossima settimana approderà alla Camera. E nel testo approdato alla Camera l'articolo è diventato il n. 60. Anche se il senatore Gianpiero D'Alia (UDC) non fa parte della maggioranza al Governo, questo la dice lunga sulla trasversalità del disegno liberticida della "Casta" che non vuole scollarsi dal potere.
In pratica se un qualunque cittadino che magari scrive un blog dovesse invitare a disobbedire a una legge che ritiene ingiusta, i provider dovranno bloccarlo. Questo provvedimento può obbligare i provider a oscurare un sito ovunque si trovi, anche se
all'estero.
Il Ministro dell'interno, in seguito a comunicazione dell'autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto l'interruzione della attività del blogger, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine.
L'attività di filtraggio imposta dovrebbe avvenire entro il termine di 24 ore.
La violazione di tale obbligo comporta una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 250.000 per i provider e il carcere per i blogger da 1 a 5 anni per l'istigazione a delinquere e per l'apologia di reato, da 6 mesi a 5 anni per l'istigazione alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico o all'odio fra le classi sociali.
Immaginate come potrebbero essere ripuliti i motori di ricerca da tutti i link scomodi per la Casta con questa legge?
Si stanno dotando delle armi per bloccare in Italia Facebook, Youtube, il blog di Beppe Grillo e tutta l'informazione libera che viaggia in rete e che nel nostro Paese è ormai l'unica fonte informativa non censurata. Vi ricordo che il nostro è l'unico Paese al mondo, dove una media company, Mediaset, ha chiesto 500 milioni di risarcimento a YouTube.
Vi rendete conto?
Quindi il Governo interviene per l'ennesima volta, in una materia che vede un'impresa del presidente del Consiglio in conflitto giudiziario e d'interessi.
Dopo la proposta di legge Cassinelli e l'istituzione di una commissione contro la pirateria digitale e multimediale che tra poco meno di 60 giorni dovrà presentare al Parlamento un testo di legge su questa materia, questo emendamento al "pacchetto sicurezza" di fatto rende esplicito il progetto del Governo di "normalizzare" il fenomeno che intorno ad internet sta facendo crescere un sistema di relazioni e informazioni sempre più capillari che non si riesce a dominare.
Obama ha vinto le elezioni grazie ad internet?
Chi non può farlo pensa bene di censurarlo e di far diventare l'Italia come la Cina e la Birmania.
Oggi gli unici media che hanno fatto rimbalzare questa notizia sono stati Beppe Grillo dalle colonne del suo blog e la rivista specializzata Punto Informatico.
Fate girare questa notizia il più possibile.
È ora di svegliare le coscienze addormentate degli italiani.
È in gioco davvero la democrazia!!!
Per sapere cosa si dice sul web ... vedi anche:
Emendamento D'Alia è censura web
Per sapere meglio di cosa si tratta, dal sito del Senato della Repubblica:
50.0.100 (testo 3)
Approvato
Dopo l'articolo 50, inserire il seguente:
«Art. 50-bis.
(Repressione di attività di apologia o incitamento di associazioni criminose o di attività illecitecompiuta a mezzo internet)
1. Quando si procede per delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle leggi, ovvero per delitti di apologia di reato, previsti dal codice penale o da altre disposizioni penali, e sussistono concreti elementi che consentano di ritenere che alcuno compia detta attività di apologia o di istigazione in via telematica sulla rete internet, il Ministro dell'interno, in seguito a comunicazione dell'autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto l'interruzione della attività indicata, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine.
2. Il Ministro dell'interno si avvale, per gli accertamenti finalizzati all'adozione del decreto di cui al comma 1, della polizia postale e delle comunicazioni. Avverso il provvedimento di interruzione è ammesso ricorso all'autorità giudiziaria. Il provvedimento di cui al comma 1 è revocato in ogni momento quando vengano meno i presupposti indicati nel medesimo comma.
3. Entro 60 giorni dalla pubblicazione della presente legge il Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, di concerto con il Ministro dell'interno e con quello della pubblica amministrazione e innovazione, individua e definisce, ai fini dell'attuazione del presente articolo, i requisiti tecnici degli strumenti di filtraggio di cui al comma 1, con le relative soluzioni tecnologiche.
4. I fornitori dei servizi di connettività alla rete internet, per l'effetto del decreto di cui al comma 1, devono provvedere ad eseguire l'attività di filtraggio imposta entro il termine di 24 ore. La violazione di tale obbligo comporta una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 250.000, alla cui irrogazione provvede il Ministero dello sviluppo economico.
5. Al quarto comma dell'articolo 266 del codice penale, il numero 1) è così sostituito: "col mezzo della stampa, in via telematica sulla rete internet, o con altro mezzo di propaganda".».
quando un po di gossip guasta la digestione
L'INTERVISTA
«Il premier? Non ha mai pagato le donne»
Parla Ghedini, il legale del Cavaliere
Niccolò Ghedini (La Presse) |
Scusi, avvocato, ma come le è venuto in mente di parlare di «utilizzatore finale» quando c’è di mezzo una donna?
«Il termine 'utilizzatore finale' era riferito a una domanda di natura tecnico giuridica. Il codice utilizza in materia varie dizioni — tra cui prostituzione, pornografia, materiale pornografico — tutte connotate da disvalore giuridico e riferite a norme che distinguono con grande chiarezza diverse responsabilità. Ecco, si trattava dell’esemplificazione di uno schema giuridico».
Certo. Ma, a rileggere la sua frase, si ha l’impressione che la donna sia assimilata a una bottiglia di champagne che si porta quando si va a cena da qualcuno.
«Non è così, assolutamente. Mi spiace ma il linguaggio tecnico è quello: colui che riceve è l’utilizzatore finale. Può essere un linguaggio crudo ma è così».
Notizie dalla procura di Bari, ne ha?
«Mi pare che la procura prospetti che c’è un’indagine: nei confronti del Tarantini mica di Berlusconi. Il presidente non c’entra nulla».
Patrizia D’Addario sostiene di essere andata alle cene a palazzo Grazioli, dopo aver chiesto e ottenuto 2.000 euro per il disturbo.
«Secondo lo schema disegnato dalla D’Addario, che a noi non risulta corretto, Berlusconi sarebbe soggetto inconsapevole. Se io vado a casa del presidente e per far bella figura, presentandomi con una bella donna, pago un’accompagnatrice è difficile che lui possa saperlo».
E se l’accompagnatrice si trattiene dopo cena?
«Se una di queste persone dovesse avere rapporti con lui, continuerebbe a non sapere e quindi non può avere né una implicazione di natura giuridica né morale».
Qualora la storia fosse in questi termini, la responsabilità è penale di chi ti porta la ragazza?
«Non c’è alcuna possibilità che ci sia un collegamento tra il presidente e questa indagine».
Che idea si è fatto di Patrizia D’Addario?
«Dice cose prive di fondamento, a quanto mi è dato sapere. Non desta in noi alcuna preoccupazione se non il fastidio di doverci occupare di queste cose. La situazione è risibile: il presidente Berlusconi, che è dedicato al lavoro h24, è uomo ricco di denari e ricco di simpatia e di voglia di vivere...».
Quindi?
«Certamente non ha bisogno che qualcuno gli porti le donne. Pensare che Berlusconi abbia bisogno di pagare 2.000 euro una ragazza, perché vada con lui, mi sembra un po’ troppo. Penso che potrebbe averne grandi quantitativi, gratis. Eppoi, Berlusconi ha grande rispetto per il mondo femminile e nessuna attitudine a pagare una donna per avere rapporti con lui».
La D’Addario si aspettava favori dall’entourage del presidente?
«Se fosse stata nell’entourage di Berlusconi non avrebbe preso 7 voti con una lista civica. Dalla rappresentazione che dà di sé, non ne esce un profilo edificante».
Azioni legali?
«Valuteremo. Il presidente si occupa di cose serie. Lo faremo quando ne avrà il tempo».
Dino Martirano
18 giugno 2009
un po di gossip non guasta
Il racconto
«Incontri e candidatura
Ecco la mia verità»
Patrizia D’Addario in lista alle Comunali
Patrizia D’Addario |
BARI — Patrizia D’Addario è candidata nelle liste di «La Puglia prima di tutto», schieramento inserito nel Popolo della Libertà alle ultime elezioni comunali a Bari. Ha partecipato alle prime settimane di campagna elettorale al fianco del ministro per i Rapporti con le Regioni Raffaele Fitto e degli altri politici in corsa per il Pdl. Ma adesso ha deciso di rinunciare perché vuole raccontare un’altra verità. La D’Addario ha cercato il Corriere e registriamo, con la massima cautela e il beneficio d’inventario, la sua versione, trattandosi di una candidata alle amministrative.
«Mi hanno messo in lista — afferma — perché ho partecipato a due feste a palazzo Grazioli. Ho le prove di quello che dico e voglio raccontare che cosa è successo prima che decidessi di tirarmi indietro. Il mio nome è ancora lì, ma io non ci sono più».
Cominciamo dall’inizio. Quando sarebbe andata a palazzo Grazioli?
«La prima volta è stato a metà dello scorso ottobre ».
Chi l’ha invitata?
«Un mio amico di Bari mi ha detto che voleva farmi parlare con una persona che conosceva, per partecipare a una cena che si sarebbe svolta a Roma. Io gli ho spiegato che per muovermi avrebbero dovuto pagarmi e ci siamo accordati per 2.000 euro. Allora mi ha presentato un certo Giampaolo».
Qual era la proposta?
«Avrei dovuto prendere un aereo per Roma e lì mi avrebbe aspettato un autista. Mi dissero subito che si trattava di una festa organizzata da Silvio Berlusconi ».
E lei non ha pensato a uno scherzo?
«Il mio amico è una persona di cui mi fido ciecamente. Ho capito che era vero quando mi hanno consegnato il biglietto dell’aereo».
Quindi è partita?
«Sì. Sono arrivata a Roma e sono andata in taxi in un albergo di via Margutta, come concordato. Un autista è venuto a prendermi e mi ha portato all’Hotel de Russie da Giampaolo. Con lui e altre due ragazze siamo entrati a palazzo Grazioli in una macchina con i vetri oscurati. Mi avevano detto che il mio nome era Alessia».
E poi?
«Siamo state portate in un grande salone e lì abbiamo trovato altre ragazze. Saranno state una ventina. Come antipasto c’erano pezzi di pizza e champagne. Dopo poco è arrivato Silvio Berlusconi».
Lei lo aveva mai incontrato prima?
«No, mai. Ha salutato tutte e poi si è fermato a parlare con me. Ho capito di averlo colpito perché mi ha chiesto che lavoro facessi e io gli ho parlato subito di un residence che voglio costruire su un terreno della mia famiglia. Ci ha mostrato i video del suo incontro con Bush, le foto delle sue ville, ha cantato e raccontato barzellette.
Lei è tornata subito a Bari?
«Era notte, quindi sono andata in albergo e Giampaolo mi ha detto che mi avrebbe dato soltanto mille euro perché non ero rimasta».
C’è qualcuno che può confermare questa storia?
«Io ho le prove».
Che vuole dire?
«Che quella non è stata l’unica volta. Sono tornata a palazzo Grazioli dopo un paio di settimane, esattamente la sera dell’elezione di Barack Obama».
Vuol dire che la notte delle presidenziali degli Stati Uniti lei era con Berlusconi?
«Sì. Nessuno potrà smentirmi. Ci sono i biglietti aerei. Anche quella volta sono stata in un albergo, il Valadier. Con me c’erano altre due ragazze. Una la conoscevo bene. È stato sempre Giampaolo a organizzare tutto».
E che cosa è accaduto?
«Con l’autista ci ha portato nella residenza del presidente, ma quella sera non c’erano altre ospiti. Abbiamo trovato un buffet di dolci e il solito pianista. Quando mi ha visto, Berlusconi si è ricordato subito del progetto edilizio che volevo realizzare. Poi mi ha chiesto di rimanere».
Si rende conto che lei sostiene di aver trascorso una notte a palazzo Grazioli?
«Ho le registrazioni dei due incontri».
E come fa a dimostrare che siano reali?
«Si sente la sua voce e poi c’erano molti testimoni, persone che non potranno negare di avermi vista ».
Scusi, ma lei va agli incontri con il registratore?
«In passato ho avuto problemi seri con un uomo e da allora quando vado a incontri importanti lo porto sempre con me».
E lei vuol far credere che non è stata controllata prima di entrare nella residenza romana del premier?
«È così, forse sono stata abile. Ma posso assicurare che è così».
E può anche provarlo?
«Berlusconi mi ha telefonato la sera stessa, appena sono arrivata a Bari. E qualche giorno dopo Giampaolo mi ha invitata a tornare. Ma io ho rifiutato».
A noi la sua versione sembra poco credibile...
«Lo dicono i fatti. Berlusconi mi aveva promesso che avrebbe mandato due persone di sua fiducia a Bari per sbloccare la mia pratica. Non ha mantenuto i patti ed è da quel momento che non sono più voluta andare a Roma, nonostante i ripetuti inviti da parte di Giampaolo. Loro sapevano che avevo le prove dei miei due precedenti viaggi».
E non si rende conto che questo è un ricatto?
«Lei dice? Io posso dire che qualche giorno dopo Giampaolo ha voluto il mio curriculum perché mi disse che volevano candidarmi alle Europee».
Però lei non era in quella lista?
«Quando sono cominciate le polemiche sulle veline, il segretario di Giampaolo mi ha chiamata per dirmi che non era più possibile».
Quindi la candidatura alle Comunali è stata un ripiego?
«A fine marzo mi ha cercato Tato Greco, il nipote di Matarrese che conosco da tanto tempo. Mi ha chiesto un incontro e mi ha proposto la lista 'La Puglia prima di tutto' di cui era capolista lo zio. Io ho accettato subito, ma pochi giorni dopo ho capito che forse avevo commesso un errore».
Perché?
«La mia casa è stata completamente svaligiata. Mi hanno portato via cd, computer, vestiti, biancheria intima. È stato un furto molto strano».
Addirittura? Ma ha presentato denuncia?
«Certamente. Ma ho continuato la campagna elettorale. È andato tutto bene fino al giorno in cui Berlusconi è arrivato a Bari per la presentazione dei candidati del Pdl. Io lo aspettavo all’ingresso dell’Hotel Palace. Lui mi ha guardata, mi ha stretto la mano ed è entrato nella sala piena. Io ero in lista, quindi l’ho seguito. Ma all’ingresso della sala sono stata bloccata dagli uomini della sicurezza e del partito che mi hanno impedito di partecipare all’evento».
È il motivo che adesso la spinge a raccontare questa storia?
«No, avrei potuto continuare a fare campagna elettorale e trattare con loro nell’ombra. La racconto perché ho capito che mi hanno ingannata. Avevo chiesto soltanto un aiuto per un progetto al quale tengo molto e invece mi hanno usata».
Fiorenza Sarzanini
17 giugno 2009(ultima modifica: 18 giugno 2009)